Redditometro come Studi di Settore: i dubbi dei Commercialisti

di Barbara Weisz

15 Gennaio 2013 15:12

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Il metodo di calcolo del nuovo Redditometro solleva dubbi tra i Commercialisti di Roma: il rischio è di riprodurre il meccanismo degli studi di settore.

Il nuovo Redditometro – che da Marzo 2013 potrà far scattare i primi accertamenti sintetici – ha generato così tanti dubbi sul metodo di calcolo e sul peso delle variabili statistiche (troppo simile a quello degli studi di settore, con tutti i suoi punti critici) da generare una richiesta di confronto con l’Agenzia delle Entrate da parte dell’Ordine dei Commercialisti di Roma.

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L’obiettivo è assicurarsi che il Redditometro conduca a risultati aderenti alla realtà e rispettosi delle peculiarità delle singole fattispecie», ha spiegato Mario Civetta, presidente dell’Odcec di Roma.

Si chiede inoltre all’Agenzia delle Entrate di rendere note le modalità di calcolo e le variabili statistiche utilizzate, «onde consentire una piena difesa del contribuente in ossequio ai principi costituzionali che presidiano la parità delle parti in giudizio»:

=> Ecco come funziona il nuovo Redditometro

Il metodo di calcolo

Le perplessità nascono dal fatto che il Redditometro si basa su un metodo statistico, con il rischio di valutare un reddito diverso da quello reale sfociando negli stessi errori generati dai meccanismi non particolarmente virtuosi degli studi di settore (approfondisci il ricorso agli Studi di settore).

Il Redditometro calcola infatti la capacità di spesa del contribuente basandosi su dati disponibili in anagrafe tributaria, medie Istat per le diverse tipologie familiari, analisi e studi socio economici (anche di settore). Per le voci (molte), su cui sono disponibili entrambi i primi due elementi, si attribuisce al contribuente il valore più elevato.

Il Fisco – oltre che sulle 100 voci di spesa di cui si compone la griglia del Redditometro – può basarsi su dati di spese effettivamente sostenute dal contribuente per l’acquisizione di altri beni o servizi e per il loro mantenimento (ma in questo caso deve avere riscontri concreti da cui partire).

Spese e accertamento sintetico

Il rischio che la presunzione di capacità di spesa si allontani dalla realtà si può contenere limitando il ricorso a meccanismi statistici, a vantaggio di un’analisi dei dati certi di spesa: il Fisco potrebbe procedere partendo dai contribuenti le cui spese effettivamente riscontrabili si discostino eccessivamente dal reddito dichiarato.

In pratica, l’ideale sarebbe tornare al vecchio Redditometro: la norma precedente (comma 4 art. 38 Dpr 600/1973) faceva scattare l’accertamento sintetico in caso di scostamento fra reddito complessivo risultante dalla determinazione analitica inferiore a quello attribuibile al contribuente in base a «elementi e a circostanze di fatto certi».

Il nuovo comma 4 (modificato dalla legge 78/2010, art.22) stabilisce invece che l’ufficio possa «sempre determinare sinteticamente il reddito complessivo del contribuente sulla base delle spese di qualsiasi genere sostenute nel corso del periodo d’imposta». Il successivo comma 5 aggiunge che la determinazione sintetica del reddito possa essere anche fondata «sul contenuto induttivo di elementi indicativi di capacità contributiva».

In definitiva, il nuovo Redditometro amplia i confini dell’accertamento sintetico ma bisogna capire con quali risultati questo cambio di impostazione si rifletterà nella pratica dei controlli.