Con proprietà intellettuale si intende la disciplina giuridica a tutela dei frutti dell’inventiva e dell’ingegno: brevetti e marchi, disegni e modelli, più altre privative specifiche quali modelli di utilità, varietà vegetali e topografie dei semiconduttori. L’IP (Intellectual Property) sta ricevendo un’attenzione sempre maggiore da alcuni anni a questa parte: in un contesto economico globalizzato e a rapidissima innovazione tecnologica, invenzioni e immagine distintiva di un’azienda costruita negli anni rappresentano vantaggi competitivi da tutelare. Ma se a fronte di ciò le grandi imprese si sono attrezzate implementando veri e propri sistemi di IP Management interni, cosa hanno fatto le PMI?
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In media, è solo il 30% delle piccole e medie imprese a tutelarsi a livello brevettuale. Raramente, infatti, le PMI fanno un uso ragionato delle privative IP, nonostante posseggano un potenziale innovativo enorme e sempre più a rischio per via della concorrenza globale. Secondo studi, inoltre, nella maggior parte dei casi privilegiano metodi di protezione alternativi rispetto alla registrazione di privative tutelabili giuridicamente: segreto industriale, vantaggio temporale di un’innovazione rispetto ai concorrenti, relazioni di fiducia con fornitori e distributori. Metodi rischiosi e poco efficaci in caso di contenzioso.
Oltre alla differenza di risorse economiche e umane da dedicare alla gestione dell’IP, questo gap è dovuto anche alla mancanza di informazioni precise, sia a livello dei potenziali benefici che di rischi connessi alla mancanza della stessa. La responsabilità è da attribuire, in taluni casi, della miopia imprenditoriale che identifica le spese di deposito come costo evitabile. In altri delle istituzioni pubbliche, che dovrebbero sensibilizzare con maggiore decisione il tema.
Strategie
Tra le PMI che fanno uso di strumenti di tutela giuridica, gli atteggiamenti variano: solo alcune basano le proprie scelte su considerazioni strategiche, quando invece la gestione della proprietà intellettuale contribuisce efficacemente alla competitività di una impresa solo se ben incorporata nella strategia aziendale complessiva. In altre parole, occorre che l’imprenditore consideri accuratamente gli aspetti di proprietà intellettuale quando persegue un set di obiettivi strategici, e sempre e in ogni caso nel momento in cui sta implementando cambiamenti rilevanti dal punto di vista commerciale: lancio di un nuovo prodotto (soprattutto se tecnologico), ingresso in un nuovo mercato, ecc.Una corretta gestione IP consente di tutelarsi dai concorrenti in caso di abuso dei diritti. In caso contrario, potrebbe provocare danni irreparabili o vanificare sforzi economici importanti. Le implicazioni sono molte e complesse. Facciamo l’esempio di un imprenditore italiano alle prese con un progetto di internazionalizzazione commerciale: procedere direttamente con la vendita del prodotto all’estero per il tramite di agenti o procacciatori di affari, senza tutelarsi o considerare alcun altro aspetto di proprietà intellettuale, potrebbe riservare spiacevoli sorprese.
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Innanzitutto potrebbe risultare impossibile commercializzare il prodotto in un determinato paese per via della pre-esistenza di privative altrui (ad esempio marchi o brevetti identici o simili) o di impedimenti all’uso. È noto il caso della casa automobilistica Mitsubishi che si vide negata la possibilità di commercializzare la sua “Pajero” in paesi dell’America Latina, poiché la denominazione in spagnolo risultava contraria al buoncostume.
In casi del genere tutti gli sforzi economici sostenuti dall’imprenditore risulterebbero vanificati: se infatti il problema è ovviabile attraverso il cambio del nome del prodotto, si tratta comunque di un procedimento scomodo e costoso. Integrare la gestione dell’IP a livello strategico significa, a questo riguardo, pianificare prima in quali paesi distribuire un prodotto e sceglierne il nome in modo che risulti idoneo, a valle di una verifica di anteriorità.
C’è poi il rischio che eventuali agenti o distributori dell’azienda depositino nel paese estero il marchio o brevetto relativo al prodotto in mala fede: in questo modo, l’imprenditore italiano sarà vincolato a questi soggetti per la distribuzione in quanto detentori del marchio/brevetto, o potrebbe essere addirittura obbligato a fornire loro un risarcimento economico perché rinuncino al diritto di utilizzarlo. Nel peggiore dei casi, questa situazione potrebbe degenerare fino a “bruciare” di fatto l’accesso commerciale dell’impresa al paese in questione. Depositare il marchio o brevetto dopo averne verificato la disponibilità mette al sicuro da tutte queste spiacevoli eventualità.
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Un ultimo aspetto da considerare: se è vero che le privative di IP rappresentano asset intangibili e dal valore non univocamente determinabile, è altrettanto vero che i titoli detenuti da una impresa vengono quantificati economicamente in fase di negoziazione per compravendita o di quotazione in Borsa, e possono assumere valori considerevoli, in certi casi anche superiori a quello dell’impresa nel suo complesso. In questo caso, una corretta gestione dell’IP può dunque consentire di generare un capitale immateriale dal valore economico molto consistente.
Per una informazione dettagliata: Ufficio Italiano Brevetti e Marchi.