Non tanto una questione di privacy o diffusione incontrollata di dati aziendali quanto un rischio di lesa reputazione online: è il problema crescente delle imprese in Rete, oggi sempre più 2.0 e al centro di un’ecosistema in cui la condivisione di giudizi e informazioni è in grado di innalzare un marchio (o un manager) o seppellirlo miseramente. Basta allora uno spazzino del Web per risolvere il problema?
Le aziende specializzate nella tutela della cosiddetta “web reputation“dicono di sì, riportando in auge un servizio destinato a divenire un business.
Sono in in particolare i social network a creare le maggiori preoccupazioni aziende e soprattutto singoli professionisti: foto imbarazzanti, condanne o licenziamenti, possibili calunnie, volgarità, notizie incomplete, simpatie o antipatie… ecc.
Da qui nasce l’idea professionale di specializzarsi nella ricerca ed eliminazione di informazioni indesiderate.
Ovviamente, tutto questo non è gratuito: le tariffe sono piuttosto salate, e possono andare dalle centinaia alle decine di migliaia di euro.
Dal punto di vista tecnico, si tratta di far in modo che sui motori di ricerca vengano indicizzate nelle prime pagine informazioni e immagini positive a discapito di quelle negative. In alternativa, si parla con chi ha messo in Rete i contenuti compromettenti, convincendolo a rimuoverli o integrarli. In casi estremi si rende necessario ricorrere alla denuncia.
Il problema è che non esiste in Italia, come in altri Paesi, una normativa aggiornata sulla tutela della reputazione online, ferma invece al 2003, quando la diffusione di internet non era ancora così capillare e non c’era ancora l’idea dei social network.
La legge non prevede obbligo specifico di vigilanza per ISP; l’unico vincolo è la rimozione di un contenuto una volta venuti a conoscenza del loro carattere illecito.