Oltre alla disoccupazione dilagante, in Italia le condizioni di lavoro sono spesso oggetto di disagio, non solo per le inefficaci politiche di welfare e le ben note discriminazioni di genere in termini retributivi ma perfino per fenomeni di vessazione sessuale. Lo confermano le rilevazioni ISTAT sulle forme di violenza nei luogo di lavoro.
I numeri sono elevati: quasi 500mila donne hanno subito approcci sessuali negli ambienti di lavoro. Di queste, quasi la metà è costituita da forme di ricatto finalizzate all’assunzione mentre oltre 200mila state messe in condizione di cedere ad una richiesta sessuale per mantenere il posto di lavoro e/o fare carriera.
Vittime preferite da superiori molesti, le donne tra i 35 e i 54 anni, soprattutto se single. La denuncia di molestie sessuali è scoraggiata dalla difficoltà di provare in sede legale gli approcci e il ricatto, senza contare il timore di ripercussioni in termini di reputazione (“se l’è cercata”…) e carriera.
Consola sapere che circa il 57% ha potuto cambiare lavoro volontariamente dopo i fatti occorsi ma dalla data della rilevazione il 2009 ad oggi la crisi economica potrebbe aver peggiorato drasticamente lo scenario. Tanto più che disuguaglianze e precarietà creano terreno fertile per i ricatti sul lavoro.
Iniziative concrete
Comune denominatore di tali “storture” gestionali è anche la diffusa ”logica dei costi”, diffusa in tante imprese, anche se meno nelle PMI: soprattutto in tempo di crisi, alle donne viene richiesto un extra di altra natura.
Gli uffici del personale sono chiamati a vigilare ma soprattutto a prevenire in difesa del capitale umano aziendale, da cui dipende la reale produttività. E non ci vuole molto a capire che se il personale di una azienda può lavorare in condizioni serene e rassicuranti anche il rendimento sarà maggiore.
CGIL, CISL, UIL hanno presentato una protocollo d’intesa contro la violenza sulle donne nei luoghi di lavoro: destinatari imprese e istituzioni, per ottenere regolamenti interni e leggi quadro atte a sostenere campagne di informazione e sensibilizzazione.
Il Ministero dell’interno ha emesso infatti nel 2003 il codice di condotta per il contrasto delle molestie sessuali nei luoghi di lavoro, definendo i provvedimenti di contrasto da adottare. Ma evidentemente non è bastato.