Abolire la ricongiunzione onerosa dei contributi per i dipendenti costa troppo secondo il Governo, che ha rifiutato la proposta unificata in Commissione Lavoro alla Camera. Un altro scandalo in stile Esodati.
Una beffa che si perpetua da tre anni, da quando la legge 122/2010 ha abolito la gratuità della ricongiunzione dei contributi versati presso più enti previdenziali imponendo ai dipendenti cifre astronomiche per poter andare in pensione:
=> Leggi la norma sulla ricongiunzione dei contributi
Il costo dei contributi viene calcolato in base a tabelle specifiche, e può arrivare a centinaia di migliaia di euro. Il risultato è una platea di lavoratori ritrovatasi con le regole cambiate in corsa ed un conto troppo salato per le proprie tasche.
Ricongiunzione e Totalizzazione
Sono 600mila i lavoratori costretti a dover indebitarsi per andare in pensione pagando per la ricongiunzione: secondo le stime del ministero del Lavoro, sono interessati 30mila lavoratori l’anno fino al 2022.
Il meccanismo è quello del cumulo dei contributi versati nell’arco della vita lavorativa presso l’ultimo ente di appartenenza, prendendo la pensione in base alle regole di quest’ultimo:
=>Calcola la pensione con il retributivo o contributivo
L’alternativa è optare per la totalizzazione: si unificano i contributi presso l’ultimo ente previdenziale di pertinenza, non si paga nulla, però si va in pensione con il contributivo puro.
=> Leggi come accedere alla totalizzazione dei contributi
In un caso o nell’altro, la beffa è palese: un dipendente che ha cambiato gestione previdenziale e che sceglie di pagare la ricongiunzione oppure opta per la totalizzazione gratuita, si ritrova comunque con un assegno alleggerito anche del 50%:
=> Confronta ricongiunzione e totalizzazione
I lavori in commissione
La prima proposta di modifica era stata presentata il 4 agosto del 2010 (in pratica, subito dopo la legge che ha creato il problema). Da allora, ancora nulla è stato risolto: oggi, abolire la ricongiunzione onerosa costa 1,3 miliardi di euro, di cui 435 milioni solo nel 2013. E tanto per cambiare per risolvere la questione non vi è copertura finanziaria.
Lo scorso 17 settembre 2012 la commissione Lavoro della Camera ha iniziato l’esame di un ddl che unifica le tre proposte di legge pendenti in parlamento (Gnecchi-Fantelli-Fedriga), volte ad eliminare la ricongiunzione onerosa. A fine ottobre è stato istituito un comitato ristretto, che per ora si è riunito tre volte. Nel frattempo, il governo ha presentato una relazione sullo stato dell’arte.
I riferimenti normativi
Prima dell’entrata in vigore del famigerato decreto (commi da 12-septies a 12-undecies dell’articolo 12 del decreto-legge n.78 del 2010), per i lavoratori dipendenti la ricongiunzione era sempre gratuita (legge 29/1979).
Era invece onerosa per i liberi professionisti (legge 45/1990), per i quali però spesso si passa da una gestione con contribuzione più alta ad una più bassa (caso classico, un manager che diventa consulente): in questi casi, succede che i contributi già versati sono più che sufficienti a coprire l’onerosità del passaggio.
La legge del 2010 è stata pensata per scoraggiare il pensionamento anticipato delle donne (con un passaggio previdenziale dal pubblico al privato) dopo l’innalzamento dell’età pensionabile nel pubblico impiego a 65 anni. Invece ha finito per creare un caso del tutto simile a quello degli esodati.
Non solo: con la Riforma Pensioni Fornero è stata equiparata l’età pensionabile delle donne anche nel privato, rendendo la norma ancor più obsoleta e priva di senso.