Un vecchio proverbio recita: aprire un’azienda è semplice, difficile è tenerla aperta. Sarà per questo che in Italia ci sono molte start-up e altrettanto numerose aziende che falliscono.
Certamente c’è un problema importante di risorse economiche, ovvero una notevole difficoltà di accesso al credito. Ma vi è un altrettanto importante problema di innovazione tecnologica, carburante della longevità di un’azienda.
Il gap tecnologico
La fotografia scattata dalla Banca d’Italia nello studio “Il gap innovativo del sistema produttivo italiano: radici e possibili rimedi” non lascia dubbi in merito, ma per fortuna suggerisce anche possibili rimedi.
Il report analizza i motivi della mancata innovazione sul territorio italiano rispetto agli altri paesi della comunità europea, individuando le cause che si traducono in diminuzione di produttività e di conseguente competitività: negli ultimi dieci anni la produttività per ora lavorata in Italia è cresciuta dell’1,4% appena, contro una media UE dell’11,4 e un dato tedesco del 13,6%.
Quel che emerge è la cronica mancanza di “salto innovativo” a fronte di un’attività innovativa quantitativamente diffusa e la scarsità di investimenti in macchinari o asset intangibili (brevetti e attività di ricerca e sviluppo).
Ulteriori dettagli sullo stato dell’arte delle start-up innovative italiane lo ha fornito di recente il Governo,finalizzate alla stesura di un “piano di attacco” a livello nazionale:
Start-up innovative => le agevolazioni in arrivo
Le cause
I seguenti fattori fanno sì che in Italia siano poche le imprese che effettuano investimenti in R&S, generando un problema di margine estensivo:
- frammentazione del sistema produttivo, con una moltitudine di piccole imprese incapaci di assumersi i rischi di una costosa attività di R&S.
- struttura manageriale spesso restia all’innovazione (in particolare organizzativa e gestionale)
- carenza di capitale umano, soprattutto nelle funzioni manageriali e di ricerca.
- flessibilità dei rapporti di lavoro per i più giovani (mediamente più istruiti) eccessiva, disincentivo – per lavoratore e azienda – a investire in attività di formazione mirata ai bisogni aziendali.
Su tutto pesa la carenza di risorse finanziarie: in Italia risulta poco sviluppato il settore del venture capital il cui compito è quello di fornire capitale di rischio, nonché consulenza, alle imprese giovani e di piccole dimensioni, operanti in settori innovativi.
I rimedi
Occorrono azioni di contesto che favoriscano la crescita dimensionale delle imprese e l’adozione di strutture manageriali più moderne. Non meno importanti le risorse pubbliche per incentivi alle imprese: pari allo 0,06% del PIL, sono inferiori a quelle di altri paesi europei generando risultati modesti.
Per ora gli occhi sono puntati sulle strategie del Governo previste dal DL Sviluppo: leggi le misure per un’Italia in Digitale e per Start-up 2.0
Intanto, però, come cambiare rotta? Lo studio di Bankitalia suggerisce soluzioni pratiche e di lungo corso.
Razionalizzando le spese, favorendo la semplicità delle norme accrescendone la stabilità, garantendo certezza delle erogazioni in tempi rapidi, prevedendo meccanismi di monitoraggio e valutazione degli interventi in un contesto di trasparenza e accountability del policy maker.
Anche il coinvolgimento di soggetti privati e specializzati potrebbe servire, ma sempre in un’ottica di ottimizzazione delle risorse pubbliche per evitare il problema dei “consulenti fortemente consigliati”.
Utile anche un maggior ricorso agli intermediari di private equity e al Fondo Italiano di Investimento per favorire rafforzamento patrimoniale e processi di aggregazione tra PMI, anche coinvolgendo operatori privati.
Buone pratiche e risultati potrebbero essere premiati con trattamenti fiscali agevolati, o perseguiti tramite incentivi, per favorire le operazioni di ristrutturazione aziendale e rendere meno onerose le operazioni di fusione e aggregazione.
Infine, il primo e ultimo vero tassello verso l’innovazione è l’istruzione ripensata in un’ottica di merito – per chi studia e per gli atenei – e competizione per stimolarsi alla ricerca e all’eccellenza, aumentando anche l’interazione con il sistema produttivo.