L’intervallo di tempo necessario fra un contratto di lavoro e termine e l’altro fissato dalla Riforma del Lavoro «sta creando problemi»: a dirlo, questa volta, non è un rappresentante delle imprese ma lo stesso ministro del Lavoro, Elsa Fornero.
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Se da un lato il ministro difende l’impianto della riforma, dall’altro si dichiara disponibile al dibattito e a eventuali modifiche. In primis sulle pause fra contratti a termine.
Intervalli tra contratti a termine
La riforma prevede (articolo 1, comma 9, lettera g) che l’intervallo fra contratti a tempo determinato e l’altro debba essere pari ad almeno 60 giorni se inferiori a sei mesi, ad almeno 90 giorni se superiori. I nuovi tetti, ha ammesso il ministro Fornero, stanno «creando qualche problema: me ne rendo conto, sto ricevendo molte lettere e quindi studieremo qualche altra soluzione».
La norma prevista dalla riforma era pensata per evitare abusi nel ricorso ai contratti a termine, favorendo invece le assunzioni a tempo indeterminato. Ma il risultato sembra essere quello di favorire comportamenti abusivi e un maggior ricorso al lavoro nero.
Impianto della Riforma
Un altro segnale di apertura da parte del ministro Fornero è la dichiarazione di «massima disponibilità» a «discutere punto per punto» la Riforma pur senza stravolgerla:
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Flessibilità
Il ministro ha ribadito poi la necessità di «contrastare l’uso cattivo delle forme flessibili», in particolare per quanto riguarda le vere e le false partite IVA (vai ai contratti delle Partite Iva dopo la riforma).
Stesso discorso per le collaborazioni a progetto: il Ministro ha anche citato studi che provano «una correlazione tra uso spinto della flessibilità e bassa produttività», a sostegno della necessità di limitare comunque il ricorso a contratti così flessibili, pur aprendo a possibili modifiche su quanto al momento stabilito con la riforma (leggi cosa è cambiato per i co.co.pro).
Contrattazione II Livello
Sullo sfondo ci sono le imminenti novità sul fronte produttività: è in corso il dibattito fra Governo e parti sociali sulla eliminazione dei meccanismi automatici di rivalutazione dei salari previsti dai contratti nazionali di lavoro, in cambio di un potenziamento della contrattazione di 2°livello e ancor più in particolare della parte dei compensi legata alla produttività (leggi i dettagli).
Il tentativo è quello di proseguire sulla strada intrapresa con gli accordi fra le parti sociali del giugno 2011 sulla contrattazione decentrata. Il confronto si è aperto con i vertici di settembre fra governo, imprese e sindacati ed è proseguito fra le parti sociali a livello di tavoli tecnici.
Questi giorni sono densi di incontri: 8 ottobre incontro fra sindacati e associazioni delle PMI rappresentate da Rete Imprese Italia; 9 ottobre vertice in Confindustria fra tutte le associazioni imprenditoriali per la definizione di un documento da sottoporre alla controparte sindacale.
Adesso il tempo stringe: l’Esecutivo vorrebbe arrivare al prossimo consiglio europeo del 18 ottobre con un accordo in tasca.