Non è infortunio sul lavoro quello che avviene nel trasferimento dalla propria casa al luogo di lavoro, su un mezzo privato se non viene dimostrata l’assenza o insufficienza dei mezzi pubblici di trasporto e la non percorribilità a piedi del tragitto.
In caso contrario l’INAIL non concederà alcun indennizzo al lavoratore. A stabilirlo è stata la Corte di Cassazione con sentenza del 7 settembre 2012, n. 15059.
Il caso riguardava un lavoratore che chiedeva il risarcimento INAIL per un incidente accaduto in bicicletta nel tragitto casa-lavoro.
In effetti l’art. 2 T.U. n. 1124, come modificato dal D.Lgs. 23/2/2000 n. 38, prevede che venga considerato infortunio sul lavoro anche quello avvenuto nel tragitto per recarsi sul lavoro, o dal lavoro a casa, anche su mezzo privato, se l’utilizzo di questo è ritenuto necessario e non vi sono alternative valide che espongono ad un rischio di infortuni minore.
Nel caso specifico però la distanza casa-lavoro è stata valutata sufficientemente breve (era di poco superiore al chilometro) da non rendere necessario l’utilizzo di un mezzo privato per percorrerla, soprattutto in considerazione della giovane età e della normale capacità motoria del lavoratore.
La Cassazione ha respinto il ricorso del lavoratore confermando la sentenza della Corte d’appello, ritenendo che il lavoratore si sia esposto consapevolmente al rischio maggiore impiegando la bici privata, piuttosto di scegliere un’altra alternativa meno sicura.
Più in particolare, si legge nella sentenza, l’infortunio in itinere «non può essere ravvisato in caso di incidente stradale subito dal lavoratore che si sposti con il proprio mezzo di trasporto laddove l’uso del mezzo privato rappresenti non una necessità per la mancanza di soluzione alternative, ma una libera scelta del lavoratore, tenuto conto che il mezzo di trasporto pubblico costituisce strumento normale di mobilità delle persone e comporta il grado minimo di esposizione al rischio di incidenti stradali».