La riforma del lavoro è entrata in vigore da poco più di un mese, dal 18 luglio per la precisione, e ora si iniziano a tirare le prime somme sui suoi effetti sul mercato del lavoro.
UE positiva sull’occupazione
Nonostante l’opinione positiva espressa da Bruxelles, espressa dal commissario UE al Lavoro, Laszlo Andor, il quale si ritiene che «la riforma del mercato del lavoro italiana avrà un impatto positivo creando nuove opportunità di lavoro e rendendo tale mercato più inclusivo e dinamico», un sondaggio svolto su un campione di studi professionali non conferma tale prospettiva.
Giovani a rischio
Secondo l’indagine condotta dalla Fondazione Studi Consulenti del Lavoro la riforma del lavoro lascia fuori dal mercato proprio i giovani, che invece il ministro del Welfare Elsa Fornero diceva di voler favorire.
Addirittura il 93% del campione afferma che la riforma Fornero ha impedito l’avvio di nuovi contratti a progetto.
Contratto a termine
E neanche i risultati relativi al contratto a termine, con la possibilità di eliminare la causale non ha prodotto gli effetti sperati, per il 52% degli intervistati dei consulenti sostiene che la novità non ha prodotto un aumento significativo dei rapporti di lavoro, contro un 20% che prevede effetti positivi a seguito dell’introduzione di questa norma.
Lavoro intermittente
Vengono inoltre segnalate difficoltà operative nell’applicazione di norme come l’obbligo di comunicazione per i rapporti di lavoro intermittente: il 41% lamenta problemi legati alla mancanza di strumenti adatti, il 36% alla carenza di personale idoneo.
Nessun miglioramento poi sulla natura di questo tipo di rapporti, che rimangono occasionali con solo il 3% dei datori di lavoro che si dimostra disposto ad assumere i dipendenti a tempo indeterminato al termine del periodo transitorio.
Dimissioni in bianco
Problemi applicativi sono stati riscontrati poi, nel 56% dei casi, anche con riferimento alla norma che cerca di dare un taglio alla pratica delle dimissioni in bianco delle donne, mentre per il 36% le difficoltà maggiori riguardano la burocrazia.
Riforma del lavoro rigida e costosa
In generale, secondo il 90% dei consulenti, ad impedire la nascita di nuovi posti è l’eccessiva rigidità introdotta dalla riforma, ma anche l’eccessivo costo del lavoro dipendente ha il suo peso. Per le imprese si tratta di un +114% rispetto al netto in busta per il contratto a tempo determinato e per i contratti a termine c’è un 1,4% in più per finanziare l’Aspi.
I consulenti si dimostrano infine scettici anche con riferimento alle norme per la flessibilità in uscita con il 73% che le ritiene penalizzanti dal 73% ed il 23% che pensa agevoli solo le grandi imprese.