La Suprema Corte di Cassazione si è pronunciata in merito ai ricorsi presentati dall’Amministrazione finanziaria, i quali devono essere obbligatoriamente corredati da una descrizione accurata dei fatti di causa, pena l’inammissibilità.
Secondo l’ordinanza n. 12580 del 19 luglio 2012, sono inammissibili i ricorsi compilativi presentati dall’Agenzia delle Entrate, ovvero quelli che non descrivono dettagliatamente i fatti di causa, ma riproducono testualmente in tutto o in parte gli atti giudiziari o l’accertamento.
Questo perché «la pedissequa riproduzione dell’intero letterale contenuto degli atti processuali è, per un verso, del tutto superflua, non essendo affatto richiesto che si dia meticoloso conto di tutti i momenti nei quali la vicenda processuale s’è articolata, per altro verso, è inidonea a tener il luogo della sintetica esposizione dei fatti, in quanto equivale ad affidare alla Corte, dopo averla costretta a leggere tutto (anche quello di cui non serve affatto che sia informata), la scelta di quanto effettivamente rileva in relazione ai motivi di ricorso» ha ricordato nella sentenza la sezione tributaria.
La Cassazione ha inoltre richiamato l’art. 3, n, 2, del codice del processo amministrativo che obbliga le parti a redigere gli atti in maniera chiara e sintetica, compresi i ricorsi presentati dall’Amministrazione finanziaria.
La Corte Suprema ricorda infine che per esprimere il proprio giudizio ha bisogno di avere tutti i dettagli necessari a verificare la corrispondenza tra quanto affermato dall’amministrazione finanziaria e gli atti, ma «non è tenuta a cercare tali atti o stabilire in quale parte siano rilevanti o a leggerli nella loro interezza per poter comprendere, valutare e decidere».