Secondo l’OCSE la piaga della disoccupazione è destinata a subire un peggioramento nel prossimo futuro. E a pagare il prezzo più alto, ancora una volta, sono i giovani ed i lavoratori meno qualificati.
Il Rapporto OECD sulle prospettive di lavoro e occupazione – “i giovani pagano il prezzo più alto della crisi” – è una verità valida soprattutto in Italia, dove la crisi ha fatto sentire violentemente il proprio peso.
Disoccupazione
Una situazione per nulla omogenea quella italiana, con giovani e figure meno qualificate più a rischio: tra i 15 e i 24 anni 1 giovane su 2 è precario (49,9% nel 2011; 46,7% nel 2010; 44,4% nel 2009). Il tasso di disoccupazione di lunga durata è rimasto invece stabile per donne e lavoratori qualificati.
In generale l’Italia paga lo scotto della recessione e «le previsioni OCSE di maggio 2012 prevedono che il PIL italiano scenda ulteriormente nel 2012 e che rimanga pressoché invariato nel 2013» (secondo le stime -1,7% nel 2012 e -0,4% nel 2013) e così «dopo un temporaneo miglioramento all’inizio del 2011, il tasso di disoccupazione ha ripreso a crescere negli ultimi tre trimestri fino a superare il 10% in maggio e si prevede che continuerà a aumentare nel 2013».
Secondo le stime OCSE la disoccupazione in Italia passerà dall’8,4% del 2011 al 9,4% del 2012, fino ad arrivare al 9,9% nel 2013.
Nell’Eurozona comunque la situazione non è migliore, a maggio si sono toccati livelli record, con un tasso di disoccupazione dell’11,1%. Però nel nostro Paese «l’aumento del tasso di disoccupazione di lunga durata è stato più marcato e distribuito in modo più disuguale tra categorie sociodemografiche».
Riforma del lavoro
Approvazione però per la riforma del lavoro Monti-Fornero, con l’auspicio che venga attuata in tempi rapidi, per tentare di ridurre gli effetti della recessione.
Nel Rapporto si legge che «è probabile che la recente riforma del mercato del lavoro riduca i costi sociali e occupazionali delle prossime recessioni» perché «una minor incidenza del lavoro a termine e di altre forme contrattuali atipiche e precarie dovrebbe favorire la capacità del mercato del lavoro italiano di affrontare future recessioni, riducendone anche i costi sociali».
Inoltre «la riforma estende la copertura dell’indennità di disoccupazione a una platea più ampia di lavoratori e ne aumenta moderatamente la somma, riducendo così i costi sociali legati ad un aumento della disoccupazione».
Un passo importante che però deve essere «accompagnato da una efficace strategia di attivazione fondata su una più chiara distinzione di compiti tra il governo centrale e le autorità regionali, e ispirata al principio per il quale i lavoratori si impegnano a cercare attivamente un lavoro o a partecipare a corsi di formazione in cambio dei sussidi e, in caso di inadempimento, sono soggetti a sanzioni».