Non solo aziende in crisi (92%), ma anche Pmi e professionisti. In particolare, gli studi di consulenza, un settore da oltre 20mila addetti e 2,6 mld di fatturato nel 2007. Secondo le rilevazioni dell’Università Bocconi, è già in atto un crollo verticale, che porterà nel 2010 le aziende a un taglio del 20%.
Lo studio “Uscire dalla crisi. Quale aiuto dalla consulenza?”, condotto in collaborazione con Ernst&Young e presentato nei giorni scorsi, ha evidenziato il brusco cambiamento di rotta dopo un 2008 molto positivo (+4%).
Se mancano le risorse, si tirano i remi in barca, a volte anche a discapito della “qualità strategica” delle scelte aziendali, amministrative e gestionali?
La crisi, purtroppo, sta spostando l’attenzione sulle priorità di base, costringendo la consulenza per le imprese a un ruolo più marginale: in base ai dati, il 60% delle aziende sta tagliando proprio la consulenza tradizionale: strategica, organizzativa, finanziaria, contabile.
Di contro, cresce l’importanza in aziende della consulenza informatica, probabilmente in quanto considerata leva di sviluppo competitivo, indispensabile epr superare la crisi.
In generale, l’Italia risulta leggermente indietro (quarta posizione) rispetto al resto d’Europa in quanto a diffusione e fatturato.
Segmenti strategici come quello dell’Outsourcing (7% contro 20%) e della consulenza IT registrano un giro d’affari ancora davvero esiguo, rispettivamente 7% e 3%.
Le barriere? Secondo le imprese intervistate, per prima cosa, troppa teoria e poca pratica, eccessiva forma e scarsa sostanza, poca collaboratività e condivisione delle best practice. E poi ancora, specializzazione a volte insufficiente rispetto agli obiettivi promessi.
Inoltre, i manager italiani lamentano poca condivisione del rischio, ad oggi tutto sulle spalle dell’azienda in caso di fallimento del progetto: una soluzione “qouta fissa di base più extra in caso di successo” darebbe maggiore fiducia e porterebbe gli imprenditori a investire di più nella consulenza.