Dall’austerity alla crescita: é questa la nuova, urgente sfida della politica europea dopo i risultati delle elezioni in Francia e in Grecia. Risultati che «impongono una riflessione», come sottolinea il premier italiano Mario Monti il quale commenta il voto nei due Paesi europei, le sue implicazioni per l’Euro e quindi per l’Italia puntando decisamente sulla necessità di crescita in Europa.
Nelle capitali europee nessuno può più evitare di leggere la realtà per quello che è: l’asse Merkel-Sarkozy tutto incentrato su rigore e austerity è uscito male dalle urne, da quelle di Atene, il Paese da cui è partita una crisi del debito che continua ancora oggi a far sentire i suoi drammatici effetti, e da quelle di Parigi, dove Francois Hollande ha battuto il presidente uscente Nicolas Sarkozy.
La reazione dei mercati è articolata: ribassi in avvio, a marcare la preoccupazione per la nuova fase di incertezza politica che sembra aprirsi in Europa, ma dopo il tonfo iniziale i principali listini hanno invertito la tendenza, mentre il crollo degli indici è proseguito solo ad Atene. Dunque, le preoccupazioni si concentrano su Atene: in Francia c’è stato un cambio della guardia all’Eliseo, in Grecia invece il risultato delle urne rende estremamente difficoltosa la formazione di un nuovo Governo. Vediamo innanzitutto cosa è successo nei due Paesi alle urne.
Il voto in Francia
In Francia Francois Hollande è stato eletto presidente con il 51,9% dei voti e diventa il secondo socialista all’Eliseo dopo Francois Mitterand. Sarkozy ha fatto la telefonata di rito augurando «buona fortuna e buon lavoro» al nuovo presidente, assumendosi la piena responsabilità della sconfitta. Hollande ha a sua volta rivolto un saluto al predecessore, sottolineando il «rispetto» per chi «ha guidato la Francia per cinque anni».
E ha proposto la sua analisi del voto: «i francesi hanno scelto il cambiamento», ha dichiarato. E non ha dimenticato di sottolineare l’importanza delle politiche economiche: «l’austerità non può essere l’unica opzione, bisogna puntare alla crescita. Ed è quello che faremo insieme ai nostri partner europei a cominciare dalla Germania».
Il voto in Grecia
Il no all’austerity è il filo conduttore che lega Parigi ad Atene. In Grecia i due partiti di Governo, gli unici favorevoli al piano di salvataggio europeo, non hanno i voti necessari a formare un nuovo Esecutivo. I conservatori di Nuova Democrazia hanno circa il 19%, i socialisti del Pasok si fermano poco sopra il 13%. Il che significa che insieme hanno solo il 33% dei voti.
Successo elettorale invece, della Coalizione di Sinistra, al 16,6% (per dare un’idea, nel 2009 il Pasok aveva il 44% dei voti, la Coalizione di Sinistra il 5%), e sull’altro fronte del partito di estrema destra Alba d’Oro, al 7%, che rientra in parlamento per la prima volta dopo la caduta del regime dei Colonnelli, nel ’74.
Come si vede, una situazione difficile da gestire, in cui la rabbia contro le politiche di austerity ha decisamente stravinto contro il timore di uscire dalla moneta unica.
Il presidente Korolos Papoulias si prepara a dare l’incarico al leader del partito conservatore, Antonis Samaras, che cercherà di formare una coalizione di maggioranza.
I riflessi per Europa e Italia
L’estrema delicatezza della situazione greca è probabilmente la preoccupazione numero uno in un’Europa che per l’ennesima vota si trova a dover fare i conti con la difficoltà, e la lentezza, con cui ha risposto alla crisi del debito, scoppiata ormai due anni fa e ancora in fase acuta.
È in questo quadro che si inserisce l’analisi della situazione di Palazzo Chigi, con l’Italia che una volta di più si propone come protagonista di una nuova fase delle politiche comunitarie basata sulla crescita, presumibilmente il tema al centro del prossimo Consiglio Europe di giugno. Del resto, nelle ultime settimane da più parti (Italia in primis) è stato sollecitato addirittura una sorta di patto per la crescita, per completare quel Fiscal Compact che esce malconcio dalla tornata elettorale.
Monti sta bene attento a sottolineare a più riprese l’importanza del rispetto dei vincoli di bilancio, ma anche a ribadire il nuovo impegno per il rilancio dell’economia che tutte le capitali europee devono fare proprio. Palazzo Chigi sottolinea come l’Italia in questo senso abbia svolto un ruolo da apripista in Europa, e non rinuncia a togliersi qualche sassolino dalla scarpa, con un riferimento alla famosa lettera della Bce dell’estate scorsa.
Monti ha espresso telefonicamente a Hollande le sue congratulazioni per la vittoria, unitamente al desiderio suo personale e del governo italiano «di collaborare strettamente con la Francia, in particolare nel quadro europeo, ai fini di un’unione sempre più efficace e orientata alla crescita. Il presidente eletto Hollande ha condiviso tale volontà e ha auspicato una stretta cooperazione tra il suo Governo e quello italiano».
Monti si è sentito al telefono anche con il presidente del consiglio europeo Herman Von Rompuy, con la Cancelliera tedesca Angela Merkel e con il primo ministro britannico David Cameron, sempre «al fine di valutare congiuntamente le prospettive che, a seguito dei risultati elettorali in Francia e in Grecia, si aprono per la politica europea».
Ed è al termine di questi colloqui che Monti ha sottolineato che i risultati di Parigi e Atene «impongono una riflessione sulla politica europea».
Da una parte «la disciplina del bilancio pubblico rimarrà un elemento essenziale dell’Unione economica e monetaria», però «una finanza pubblica responsabile è condizione necessaria, ma non certo sufficiente per l’obiettivo chiave: una crescita sostenibile, creatrice di occupazione e orientata all’equità sociale».
E allora, l’Europa deve adottare «con urgenza concrete misure per la crescita» e l’Italia «deve avere in questo, un particolare ruolo di orientamento e di impulso», secondo una strada che il governo ha intrapreso fin dall’inizio, «pur trovandosi allora in una condizione finanziaria di oggettiva debolezza». E qui il premier fa un’ulteriore passo indietro, all’estate scorsa, quando il rischio contagio toccò l’Italia ancora governata dal precedente Esecutivo.
E la stoccata è diretta a Bruxelles, a Francoforte, a Berlino e a Parigi: «l’estate scorsa l’Italia ritenne di accettare sia la richiesta dell’Unione europea di anticipare dal 2014 al 2013 il pareggio di bilancio, sia una pesante lettera della Banca Centrale Europea che dettava numerosi e dettagliati obblighi. Pur dovendo rispettare tali vincoli ereditati, l’attuale Governo ha assunto un ruolo di sollecitazione alla crescita, in particolare promuovendo in febbraio la lettera, sottoscritta da altri undici Capi di governo ma non da quelli di Germania e Francia, che ha chiesto alla Commissione e al Consiglio europeo misure per la crescita, che saranno oggetto di discussione e di decisione al Consiglio europeo di giugno».
La reazione dei mercati
E qui siamo al futuro di un’Europa che non può più permettersi alcun tentennamento. I segnali non arrivano solo da Roma, ma anche dalle altre capitali, Lo stesso Hollande ha precisato che la prima telefonata di congratulazioni gli è arrivata da Berlino, dalla cancelliera tedesca Angela Merkel. Il governo tedesco è consapevole del cambio di marcia che la situazione esige.
La posta in gioco, inutile negarlo, è l’euro. E la strada, oltre che dalle capitali forti, passa necessariamente da Atene. I partner di Eurolandia sono esposti su un piano di salvataggio che in Grecia era sostenuto da partiti ora privi di maggioranza.
Non è un caso se a soffrire maggiormente, all’apertura dei mercati, siano stati i titoli del comparto finanziario. Ma attenzione: come detto, dopo un’apertura in forte ribasso (Milano sotto del 2%, in leena con gli altri listini principali), le borse hanno invertito la tendenza, oscillando intorno alla parità a fine mattinata. Con l’unica eccezione di Atene, dove il ribasso è in realtà una caduta libera, intorno all’8%. Da una parte, la preoccupazione per l‘incerto destino greco è quindi tangibile, dall’altra evidentemente i listini non escludono che ci sia in Europa un’occasione per il rilancio.
Anche lo spread presenta un andamento simile: in avvio, rialzo per il differenziale un po’ di tutti i decennali europei rispetto al Bund tedesco, ma nel corso della mattinata le tensioni si sono affievolite. Sul fronte valutario, euro molto debole in avvio e poi in parziale recupero. Riflettori puntati sul futuro dell’Europa e dell’euro, con la preoccupazione per l’incertezza che almeno per ora sembra sufficientemente bilanciata dalla possibilità di una svolta per l’Europa.