Il problema del ritardo nei pagamenti dalla PA sarebbe risolvibile se non ci fossero i blocchi burocratici del patto di stabilità. A dirlo è il Vice Presidente dell’Upi, Antonio Saitta che esprime la necessità «di un accordo tra tutte le istituzioni e i partiti politici per cambiare il patto di stabilità».
«Non si può più aspettare», dice Saitta, il Governo deve «permettere a Province e Comuni di pagare le imprese. Stiamo mandando in rovina interi settori dell’economia italiana, perdendo posti di lavoro che potrebbero essere salvati, per i vincoli assurdi del patto di stabilità».
Concorda anche il sindaco di Porto Empedocle, Calogero Firetto che chiede che la spesa per gli investimenti venga portata fuori dal patto di stabilità, perché «l’attuale sistema di calcolo blocca gli investimenti pubblici delle istituzioni locali, penalizza i cittadini che vengono privati di opere necessarie, costituisce blocco all’economia ad alla occupazione».
«Si giunge talvolta al paradosso di Comuni che pur con risorse finanziarie disponibili, sono costrette a non pagare per non sforare il patto di stabilità», ha continuato Firetto, e «l’aspetto più stringente, che interessa l’intero territorio nazionale, è inerente alla limitazione esistente per i pagamenti riferiti al Titolo II della spesa, cioè i pagamenti per gli interventi infrastrutturali, le opere pubbliche e qualsiasi altra spesa di investimento, che comprende anche il limite ai pagamenti su impegni presi addirittura negli anni precedenti».
In pratica, secondo Saitta ci sarebbero 2,5 miliardi di euro fermi nelle casse delle Province dallo scorso anno e pronti per essere utilizzati per pagare le imprese che hanno effettuato lavori lo scorso anno. E nel corso del 2012 il plafond arriverà a quota 3 miliardi di euro, ma i vincoli burocratici impediscono alla PA di saldare il conto.
Un problema che non riguarda solo le imprese ma anche le realtà locali perché, secondo i dati Upi, in 4 anni (2008-2011) le Province sono state costrette a tagliare gli investimenti del -47% (2 miliardi e 200 milioni di euro in meno), «e se si bloccano gli investimenti degli Enti locali, si ferma l’economia, che in Italia è fondata sulle piccole e medie imprese».
Tra l’altro in una situazione economica drammatica che vede una «conta giornaliera di migliaia di posti di lavoro persi e di imprenditori che si suicidano per i debiti» non è possibile che «non si riesca a trovare una soluzione per sbloccare almeno una parte dei soldi fermi. Non possiamo stare fermi ed aspettare che passi la crisi: dobbiamo intervenire subito a dare risposte», ha continuato Saitta.
«È da questi interventi che si può ricominciare, che si può restituire ai cittadini la fiducia sulla buona Amministrazione: tagliamo tutte le spese inutili, interveniamo con forza sui consumi della pubblica amministrazione, ma sblocchiamo subito gli investimenti, paghiamo le imprese che hanno lavorato e ripartiamo con un piano di piccole infrastrutture, sulle strade e le scuole pubbliche, per la difesa del suolo, di cui l’Italia ha un incredibile bisogno. Il buon Governo di un Paese si giudica anche da questo».
Tutte queste motivazioni hanno spinto l’Upi a dare piena e convinta adesione alla «giornata del D DAY indetta dall’Associazione Nazionale dei Costruttori Edili per il 15 maggio prossimo».