La sicurezza sui luoghi di lavoro è un tema delicato e complesso, soprattutto in tema di risarcimenti in caso di infortunio: la recente sentenza n. 5230 della Corte di Cassazione ha stabilito che il danno morale non deve essere trattato come una quota del danno biologico.
La valutazione deve quindi essere fatta in via autonoma, e separata e allo stesso modo la liquidazione del risarcimento per il danno, che va calcolata separatamente per quello morale e quello biologico.
La sentenza riguardava un caso di sicurezza nei luoghi di lavoro in cui il dipendente di un’impresa edile era caduto da un ponteggio mentre lavorava senza cintura di sicurezza (anche se nel cantiere erano messe a disposizione) e senza la protezione di un parapetto.
Il datore di lavoro era risultato colpevole per non aver opportunamente verificato che tutti i lavoratori operassero in sicurezza, quindi era stato ritenuto responsabile per il mancato controllo sull’uso delle cinture di sicurezza.
Il datore di lavoro era quindi stato chiamato a risarcire il lavoratore per un danno biologico e anche per un danno morale pari alla metà di quello biologico.
La Suprema Corte ha anch’essa confermato la responsabilità del datore di lavoro nel non aver verificato che ogni lavoratore rispettasse le norme sulla sicurezza nei luoghi di lavoro.
Non ha però confermato la condanna alla liquidazione del danno morale, quantificato in via automatica come quota pari alla metà del danno biologico, perché nel valutare la “sofferenza dell’ingiuria fisica subita” (danno morale) devono essere valutati in via autonoma ulteriori elementi di danno non coperti da quello già liquidato a titolo di danno biologico.