La riforma del lavoro, sulla quale continua il dibattito tra Governo e parti sociali, prevede anche la rirfo0rma dei contratti aziendali e sembra che la bozza delle “Linee di intervento sulla disciplina delle tipologie contrattuali” sia pronta.
Il Ministro del Lavoro Elsa Fornero l’ha presentata nei giorni scorsi alle parti sociali nel corso degli incontri sulla riforma degli ammortizzatori sociali e della disciplina delle tipologie contrattuali.
All’interno della riforma del lavoro la revisione dei contratti ha l’obiettivo, si legge nel documento, di «rendere più dinamico il mercato del lavoro, soprattutto a vantaggio delle fasce svantaggiate (a partire dai giovani)», contrastando allo stesso contempo la precarietà.
Saranno messi in atto «da un lato, interventi sulla flessibilità in entrata, che hanno come cifra caratterizzante quella del riequilibrio delle convenienze relativi delle tipologie contrattuali (su tutte, il contratto a tempo determinato e la collaborazione a progetto) nelle quali si sono prevalentemente condensate, negli ultimi anni, le tendenze dualistiche del mercato del lavoro italiano; dall’altro lato, interventi sulla flessibilità in uscita, rivolti (oltre che a reprimere pratiche scorrette, come il fenomeno delle dimissioni “in bianco”) a rendere più adeguata al mutato contesto economico la disciplina limitativa dei licenziamenti individuali, e in particolare di quelli per motivi economici».
Contratto a tempo determinato
Con riferimento al contratto a tempo determinato, l’obiettivo del Governo è di disincentivarne il ricorso da parte della aziende, penalizzando i datori di lavoro che optano per questa tipologia contrattuale aumentandone il costo contributivo per finanziare l’assicurazione sociale per l’impiego.
Previsto anche un “premio di stabilizzazione” per le aziende che trasformano il contratto a termine in una assunzione a tempo indeterminato, permettendo il recupero della precedente maggiorazione contributiva.
Scoraggiato anche il susseguirsi di più contratti a termine, tramite l’aumento dell’intervallo temporale obbligatorio tra la scadenza di un contratto e la stipulazione del successivo con la stessa azienda.
Apprendistato
Sul contratto di apprendistato si è concentrata gran parte dell’attenzione riservata alla riforma del lavoro, individuando in questa tipologia contrattuale il canale privilegiato di accesso dei giovani al mondo del lavoro.
In merito al contratto di apprendistato vengono proposti alcuni interventi correttivi, «che si muovono nello spirito del Testo unico (e che in parte sono di mera “pulizia” del testo), segnatamente l’introduzione di norme rivolte: a condizionare la facoltà di assumere tramite apprendisti al fatto che il datore di lavoro possa dar conto di una certa percentuale di conferme in servizio nel passato recente; a prevedere una durata minima dell’apprendistato (fermo restando la possibilità dell’apprendistato a termine nelle attività svolte in cicli stagionali); a eliminare l’ambigua figura del “referente” aziendale e prevedere la presenza obbligatoria del tutore; a chiarire che anche durante l’eventuale periodo di preavviso al termine del periodo di formazione continua ad applicarsi la disciplina dell’apprendistato; a chiarire che sin quando non sarà operativo il libretto formativo la registrazione della formazione è sostituita (come di fatto già accade, ma con incertezze degli operatori) da apposita dichiarazione del datore di lavoro».
Contratto a tempo parziale
Sui contratti di lavoro a tempo parziale, la volontà del Governo è di scoraggiarne il ricorso istituendo l’obbligo di comunicazione amministrativa e di preavviso al lavoratore per ogni eventuale variazione di orario attuata in applicazione di clausole previste dal part-time verticale o misto.
Contratto di lavoro intermittente
Il contratto di lavoro intermittente, o “a chiamata”, come il contratto a tempo parziale, è soggetto al rischio di impiego irregolare e anche in questo caso la soluzione individuata dal Governo è di inserire l’obbligo di effettuare una comunicazione amministrativa ma in questo caso con modalità più snelle.
Contratto a progetto
Per quanto concerne le collaborazioni a progetto l’obiettivo del Governo è, come per le collaborazione coordinate e continuative, di evitare che questi mascherino situazioni di subordinazione.
La soluzione individuata è di inserire disincentivi sia normativi che contributivi. Dal punto di vista normativi viene fornita una definizione più stringente del “progetto”, «che non può consistere in una mera riproposizione dell’oggetto sociale dell’impresa committente»; abolito il concetto fuorviante di “programma”; introdotta «una presunzione relativa in merito al carattere subordinato della collaborazione quando l’attività del collaboratore a progetto sia analoga a quella svolta, nell’ambito dell’impresa committente, da lavoratori dipendenti»; eliminata la possibilità di introdurre clausole individuali per il recesso anticipato del committente anche senza giusta causa.
In merito alla contribuzione, viene aumentata l’aliquota contributiva prevista a favore della Gestione separata INPS, sempre più vicina a quelle previste per il lavoro dipendente.
Partite IVA
Anche in questo caso la volontà è di contrastare l’abuso del ricorso a collaborazioni professionali con titolarità di partita IVA. Vengono quindi proposte norme che, «a partire dalla contiguità logica e normativa tra le collaborazioni professionali (autonome e occasionali) e la collaborazione a progetto (coordinata e continuativa), e tenuto conto della disciplina che sanziona le collaborazioni coordinate e continuative prive di un progetto specifico con la conversione della collaborazione in contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, sono introdotte norme rivolte a far presumere, salvo prova contraria, il carattere coordinato e continuativo (e non autonomo ed occasionale) della collaborazione tutte le volte che essa duri complessivamente più di sei mesi nell’arco di un anno, da essa il collaboratore ricavi più del 75% dei corrispettivi (anche se fatturati a più soggetti riconducibili alla medesima attività imprenditoriale), e comporti la fruizione di una postazione di lavoro presso il committente».
Rimangono però escluse da tali presunzioni «le collaborazioni professionali realizzate con professionisti iscritti ad albi, per attività riconducibili almeno in misura prevalente all’attività professionale contemplata dall’albo in discorso».
In ogni caso verranno anche rivisti i requisiti e le modalità per l’apertura di una Partita Iva.
Associazioni in partecipazione con apporto di lavoro
L’abuso delle associazioni in partecipazione con apporto di lavoro viene perseguito «tramite la limitazione del numero massimo degli associati di lavoro (o di capitale e lavoro), tale da lasciare operante l’istituto soltanto nelle piccole attività (ove operano sino a cinque soggetti, compreso l’associante), e fatte salve le associazioni costituite in ambito familiare, nonché, eventualmente, quelle aventi ad oggetto lo svolgimento di attività di elevato contenuto professionale».
Previsto anche un aumento dell’aliquota contributiva per la Gestione separata INPS, come per i contratti a progetto.
Lavoro accessorio
Sul lavoro accessorio la volontà è di a restringere il campo di operatività dell’istituto; sul regime orario dei buoni (voucher); sull’introduzione di modalità snelle di comunicazione amministrativa dell’inizio dell’attività lavorativa.