Cosa prescrivono le leggi sulla privacy quando si tratta di gestione delle apparecchiature informatiche assegnate ai dipendenti?
Un quesito lecito, soprattutto quando un datore di lavoro voglia poter garantire efficaci livelli di sicurezza della rete aziendale monitorando il traffico web che interessa pc dei propri dipendenti riducendo, senza però volerne violare la privacy e la riservatezza delle informazioni che i dipendenti inviano i ricevono tramite terminale.
Controllo degli accessi a Internet
I controlli difensivi del datore di lavoro sull’utilizzo del computer assegnato al dipendente sono leciti a condizione che venga rispettato il divieto del controllo a distanza del lavoratore.
Questo vuol dire che il datore di lavoro, per motivi di sicurezza, può decidere che il dipendente non acceda a siti Internet particolarmente dannosi. Se, però, il datore di lavoro volesse appurare l’eventuale utilizzo “privato” o pericoloso dell’accesso a Internet da parte del dipendente utilizzando software di monitoraggio spingendosi quindi fino alla verifica dei siti visitati, incorrerebbe inevitabilmente nella violazione della privacy del dipendente.
Pertanto, il fatto che il datore di lavoro si renda conto che il dipendente abbia navigato su siti Internet per fini personali – ovvero tenga archiviato sull’hard disk del computer aziendale file o software personali – è sicuramente una condizione sanzionatoria per il dipendente ma verificare il contenuto dei file o dei siti visitati risulta essere eccessivo e, quindi, illecito.
Resta inteso che il controllo da parte del datore di lavoro deve essere fatto in maniera lecita e trasparente avendo preventivamente adottato un preciso regolamento aziendale e solo dopo aver informato i dipendenti dell’eventualità di sottoporli a controllo.
Sistemi di videosorveglianza
Il datore di lavoro può controllare a distanza (videosorveglianza) i lavoratori dipendenti che tengono comportamenti illeciti esulando quanto disposto dall’articolo 4 dello Statuto dei Lavoratori in merito alla privacy dei dipendenti nello svolgimento dell’attività. E’ questa una sentenza della Corte di Cassazione del 2010.
In pratica sono ammessi tutti quegli atteggiamenti difensivi volti ad accertare esclusivamente comportamenti illeciti da parte dei lavoratori come ad esempio continui ammanchi di cassa o di beni dal magazzino e che comportano il reato di appropriazione indebita. Resta inteso che l’installazione di apparecchiature di controllo può avvenire solo dopo accordo con le rappresentanze sindacali.
Quando i riscontri sono vietati non è possibile attribuire alle riprese alcun valore probatorio né per fini disciplinari né risarcitori.
Per chi utilizza sistemi non autorizzati di sorveglianza a distanza dell’attività del lavoratore sono previste sanzioni penali come l’arresto nonché sanzioni amministrative che possono arrivare anche a 36.000 euro.
Controlli a distanza
A tal proposito si rammenta che sono vietati accertamenti da parte del datore di lavoro, anche mediante l’impiego di investigatori privati, sull’idoneità e sulla infermità per malattia o infortunio dei lavoratori.
L’impresa, invece, è libera di effettuare riprese video all’esterno del proprio edificio poiché non c’è nessuna intrusione nella privata dimora dato che i luoghi ripresi sono considerati come esposti al pubblico.