È un vero e proprio SOS quello che associazioni imprenditoriali, centri studi, economisti, istituzioni lanciano in relazione all’accesso al credito delle Pmi: le condizioni nel corso nell’ultimo anno sono diventate sempre più rigide, e la richiesta è che il 2012 segni da questo punto di vista un’inversione di tendenza, che magari le banche potrebbero operare approfittando dei finanziamenti agevolati della BCE.
In caso contrario, il rischio per il sistema industriale italiano, e soprattutto per le imprese di piccole e medie dimensioni che ne rappresentano l’impalcatura, è altissimo: secondo Prometeia, ci sono 25mila imprese a rischio fallimento. E le due cause principali sono la crisi e la difficoltà di accesso al credito.
E ancora, secondo l’Osservatorio sulla rischiosità commerciale di Cribis D&B, società del Gruppo Crif, una piccola azienda su dieci rischia di non riuscire a pagare i fornitori. Altri dati arrivano dal Supplemento statistico al Bollettino economico della Banca d’Italia: negli ultimi tre mesi del 2011 i prestiti erogati dal sistema bancario alle imprese sono diminuiti dell’1,5% e, nell’ultimo mese di dicembre, la contrazione è stata addirittura del 2,2%.
Stretta creditizia
Queste cifre, sottolinea Giuseppe Bertolussi, segretario della Cgia di Mestre, «confermano che ci troviamo di fronte ad una vera e propria stretta creditizia. Le banche hanno chiuso i rubinetti del credito» e il rischio, in una fase recessiva come l’attuale, è «che il nostro sistema produttivo, costituito prevalentemente da piccole e piccolissime imprese, collassi».
Nel 2011, secondo le stime della Cgia, l’ammontare complessivo dei prestiti alle imprese ha superato i 995 miliardi di euro, in aumento del 3% rispetto all’anno precedente (in un anno che ha visto l’inflazione salire del 3,3%).
La stretta creditizia è stata particolarmente evidente nell’ultima parte dell’anno, in concomitanza con la salita dello spread: nell’ultimo trimestre 2011 l’erogazione è diminuita dell’1,5%, nel solo mese di dicembre la contrazione è stata del 2,2%.
In più, c’è stato un aumento dei tassi di interesse che, prosegue Bertolussi, «si è tramutato in un costo aggiuntivo per l’intero sistema produttivo pari a 3,7 miliardi di euro».
Certo, bisogna tener presente che il credit crunch è motivato anche dall’aumento delle sofferenze bancarie da parte delle imprese. Anche qui, la situazione è allarmante: «nel 2011 – conclude Bortolussi – le insolvenze in capo alle imprese italiane hanno toccato gli 80,6 miliardi di euro, con un incremento rispetto l’anno precedente pari al 36%. Questa situazione ha sicuramente indotto molti istituti di credito a ridurre i prestiti soprattutto a quelle realtà produttive che non erano più in grado di dimostrare una certa affidabilità».
Tassi dei prestiti
I tassi dei prestiti alle imprese in Italia sono fra i più alti d’Europa: i tassi applicati per i prestiti fino a un milione di euro, quasi al 5%, sono inferiori solo a quelli spagnoli, mentre la Germania è sotto il 4% e la Francia sotto il 3,5%. Sui prestiti oltre il milione di euro, l’Italia è in assoluto il paese più caro, con tassi quasi al 4%.
Tornando alle elaborazioni della Cgia di Mestre, nel corso del 2011 i tassi sui prestiti fino a un anno (nelle aziende non finanziarie) sono saliti dell’1,44%, arrivano al 4,97%. I prestiti fra uno e cinque anni sono al 3,62%, con un aumento nell’ultimo anno dello 0,63%. I prestiti oltre i cinque anni sono al 3,43%, e sono amentati nel 2011 dello 0,52%. I tassi più onerosi sono quelli sui prestiti rotativi e in genere relativi agli scoperti in conto corrente, il cui tasso è al 5,18%, con un incremento nell’ultimo anno dell’1,18%.
Gli studi che testimoniano l’allarme credit crunch sono molti. Secondo Fondazione Impresa, è pari al 43,3% il numero di Pmi con meno di venti dipendenti che negli ultimi tre mesi ha avuto problemi di accesso a un finanziamento bancario. I disagi maggiori si sono registrati fra le piccole imprese del Nord. A ulteriore testimonianza della situazione di estrema difficoltà, il fatto che nella maggioranza dei casi, il 57,1%, la richiesta di credito serve a colmare una carenza di liquidità.
Ritardo nei pagamenti
E qui si può inserire un altro elemento di difficoltà, quello relativo ai ritardi di pagamento dalla PA ma anche dei privati. Un’indagine di Fondazione Impresa condotta su un campione di mille imprese sotto i 20 dipendenti testimonia che la pubblica amministrazione impiega circa quattro mesi a pagare (122,3 giorni). I privati pagano prima, il tempo medio è di 86,5 giorni, ma nel corso del 2011 sono proprio i tempi di pagamento dei privati che sono cresciuti di più: fra il primo e il secondo semestre del 2011 i tempi di pagamenti dei privati sono aumentati di 32,7 giorni, contro un +29,1 giorni della Pubblica Amministrazione.