Giovedì 9 febbraio di riunirà per la prima volta la “cabina di regia” per lo sviluppo della banda larga in Italia, primo passo in direzione di una agenda digitale per far crescere (anche) le Pmi in Italia, che ne hanno tanto bisogno per superare la crisi: è questa l’idea che sta facendo strada tra gli addetti ai lavori; proprio nei giorni in cui «l’agenda digitale è entrata per la prima volta nelle priorità del governo», come ha commentato Stefano Parisi, presidente di Confindustria Digitale.
Il riferimento è al recente Decreto Semplificazioni: alcune misure qui previste avranno un impatto benefico sulle Pmi, ma molto altro potrebbe essere fatto e forse lo sarà, visto che nelle prossime settimane il Governo si preoccuperà di stilare la prima vera agenda digitale, quella dettagliata (nel Decreto ci sono soltanto alcune linee guida e misure sparse).
Nell’attuale testo, infatti, sono solo due gli aspetti che impatterebbero sulle Pmi: lo sviluppo delle infrastrutture e la semplificazione delle pratiche verso la pubblica amministrazione.
Una Nuvola semplifica la vita delle Pmi
«La semplificazione farà bene alle Pmi, con un risparmio stimato di 500 milioni di euro», spiega a PMI.it Francesco Sacco, direttore del centro di ricerca EntER presso l’Università Bocconi.
«E sarà possibile grazie al cloud computing, si legge nel Decreto. Le pubbliche amministrazioni creeranno un archivio unico, in cloud, attraverso cui condividere pratiche. Così le Pmi non dovranno presentare le stesse più volte a uffici diversi…», aggiunge. «E’ un’ottima cosa.
Il problema? Manca un piano strutturato e sistematico, che tenga in sé varie misure e racconti il percorso che l’Italia sta intraprendendo».
Un po’ come il piano eGovernment 2012 dell’ex ministro Renato Brunetta; ma aggiornato e proiettato verso il 2020 ed esteso ad altri aspetti dell’agenda digitale. Come le infrastrutture, appunto.
Pmi in digital divide
Nell’attuale testo del Decreto – che sta subendo ancora qualche piccolo aggiustamento, mentre scriviamo- a riguardo si legge che ci sarà una cabina di regia interministeriale per sviluppare la copertura banda larga e ultralarga.
Senza – ahimè – specificare le tempistiche (almeno, in una bozza precedente, si parlava di 60 mesi per avere il piano).
Ricordiamo che l’agenda digitale europea chiede copertura totale di almeno 2 Megabit entro il 2013; i 30 megabit a tutti entro il 2015 e i 100 megabit ad almeno il 50 per cento della popolazione entro il 2020.
L’agenda digitale francese (Numerique 2020) addirittura prova ad anticipare ed estendere questi obiettivi; da noi sarà molto difficile raggiungere il secondo e il terzo.Che però sono anche i più importanti per le aziende (Pmi comprese).
«Secondo un nostro studio appena ultimato, a ottobre 2011 la copertura banda larga lorda ad almeno 2 Megabit era al 95 per cento nei distretti industriali; più grave la situazione per l’Adsl 2 Plus: 53 per cento, contro il 65 per cento della popolazione coperta da questa tecnologia», dice a PMI.it Flavio Giovannelli, docente del Cefriel – Politecnico di Milano.
Risulta quindi che i distretti industriali – le aziende – sono coperti peggio delle case, «perché sono spesso lontane dai centri abitati; doppini telefonici troppo lunghi impediscono di avere l’Adsl 2 Plus a 20 Megabit», aggiunge.
Si noti che questa è la copertura lorda; quella netta (effettiva) è inferiore (pari all’88 per cento di popolazione, per le Adsl; non c’è un dato corrispondente per i distretti industriali).
Lo studio è stato fatto in collaborazione con Confindustria Digitale, che stima ci vogliano 145 milioni per dare i 2 Megabit a tutti i distretti industriali italiani.
«Ma una lamentela comune che sentiamo è che i 2 Megabit non bastano, a una Pmi. Per loro è a malapena sufficiente un’Adsl 2 Plus», aggiunge Giovannelli. L’idea dominante, al momento, nei piani di Telecom Italia, nelle proposte dell’associazione Asstel e tra gli addetti ai lavori, è quindi di risolvere il problema portando la fibra ottica (Next generation network) soprattutto nei distretti industriali (più che nelle case), nei prossimi mesi. Con un misto di tecnologie: Fiber to the office (fin dentro l’ufficio), Fiber to the building, Vdsl2 (fibra fino all’armadietto).
A parte questo, voci di corridoio dicono che nel Decreto alla fine entrerà anche l’idea di un fondo statale per sostenere le start-up innovative (un po’ come fatto in Francia e Germania). Anche questo avrebbe un impatto benefico sulle Pmi.
E-commerce e alfabetizzazione
Che cosa manca? Tante cose: «un piano di alfabetizzazione informatica e di sostegno all’e-commerce, come segnalato dall’Autorità garante delle comunicazioni nelle sue proposte al governo», dice Maurizio Dècina, docente di Reti e Comunicazioni al Politecnico di Milano.
Il sostegno all’e-commerce lo si può fare con semplici norme (“semplificare per l’e-commerce gli adempimenti pensati per il commercio tradizionale”, scrive AgCom), come con gli sgravi fiscali per incentivare le Pmi a operare online (ad oggi vende su Internet solo il 2 per cento di loro; siamo all’ultimo posto in Europa al pari della Bulgaria, secondo la Commissione Europea).
Annullare – propone ancora AgCom – qualunque clausola contrattuale che vieti la vendita diretta su canali online, negli accordi tra Pmi e un distributore. E’ un problema piuttosto sentito che sta limitando l’offerta di beni online, per colpa di esclusive firmate dai distributori con catene di negozi tradizionali.
L’alfabetizzazione digitale è un tema più complesso, che va affrontato con misure ad ampio spettro, un po’ come fatto dal 2005 in Spagna (ma anche in Francia), dove adesso c’è una quota record in Europa di aziende con la banda larga (95 per cento). Corsi e training agli imprenditori delle Pmi, su come e perché utilizzare i canali online. Incentivi e contributi alle aziende che si dotano di banda larga e strumenti informatici.
Scopriremo nelle prossime settimane quanto di tutto questo entrerà nell’agenda digitale italiana. Certo è che dovrebbe farlo, per la crescita delle pmi e dell’intera nostra economia.