I contratti di lavoro ma anche gli ammortizzatori sociali, a partire dalla cassa integrazione: sono questi i temi di fondo che emergono dopo la partenza del tavolo di confronto fra governo e parti sociali su una riforma del lavoro che forse si potrebbe anche chiamare riforma del lavoro e del welfare.
Perchè il giorno dopo il primo incontro fra le parti del 23 gennaio, il dibattito più acceso è proprio quello relativo alla cassa integrazione. Da una parte, una proposta del governo che sembrerebbe indirizzata a riformare drasticamente questo istituto, con l’ipotesi di lasciare la cassa integrazione ordinaria (prevista nel caso di crisi temporanee per lavoratori destinati a rimanere in azienda) e di eliminare, invece, quella straordinaria.
Il tutto, inserito in un quadro di riforma degli ammortizzatori che privilegerebbe strumenti come i sussidi di disoccupazione o un reddito minimo al posto della Cig (ma i condizionali sono d’obbligo, visto che si tratta di misure molto costose, come sottolineato dallo stesso esecutivo).
Abolizione Cig straordinaria
Su questa proposta è abbastanza netta l’opposizione di tutti i sindacati, che bocciano l’idea di eliminare la Cig straordinaria, e non sembrano particolarmente favorevoli nemmeno le posizioni degli imprenditori.
Confindustria ritiene che non sia il momento di procedere a grandi cambiamenti della Cig.
Rete Imprese Italia, che riunisce diverse sigle di industriali delle Pmi, ritiene che in generale le misure di sostegno al reddito collegate alla sospensione del rapporto di lavoro debbano essere distinte per settore produttivo e per tipologie di impresa.
Da registrare anche un parziale marcia-indietro del governo: il ministro Elsa Fornero ha specificato che nella bozza del governo non c’è scritta l’intenzione di togliere la cassa integrazione straordinaria ed esprime disponibilità a parlarne con i sindacati.
La riforma degli ammortizzatori
Le forme di ammortizzatori sociali per chi perde oggi il lavoro in Italia sono diverse: la cassa integrazione può essere ordinaria, straordinaria e in deroga. Ci sono poi la mobilità e i sussidi di disoccupazione.
L’idea di fondo del piano Fornero sembra quella di trasformare le forme di ammortizzatori sociali non legate al rientro in azienda (come la cig straordinaria o quella in deroga) slegandole completamente dal rapporto di lavoro che si interrompe, privilegiando appunto istituti come i sussidi di disoccupazione, o altre forme risarcitorie.
Sembra una differenza astratta, ma in realtà è un punto fondamentale per esempio ai fini del calcolo pensionistico o dell’accesso alla pensione. Ma vediamo esattamente come funzionano attualmente gli ammortizzatori sociali.
La cassa integrazione ordinaria
Sul fatto che questa vada mantenuto sembrano tutti d’accordo. Si applica nei casi di crisi temporanea alle aziende industriali e artigiane con più di 15 dipendenti, alle imprese commerciali oltre i 200 dipendenti (per edili e altre categorie ci sono regole specifiche), e spetta a operai, impiegati e quadri (non agli apprendisti). Corrisponde all’80% della retribuzione che il lavoratore avrebbe preso per le ore non lavorate, ma ci sono dei minimi e dei massimi che vengono fissati ogni anno. Può durare al massimo 52 settimane (in pratica, un anno). Le aziende che vogliono utilizzare la cassa integrazione devono avviare una specifica procedura di consultazione sindacale e devono fare richiesta all‘Inps.
La cassa integrazione straordinaria
E’ nella stragrande maggioranza dei casi l’anticamera del licenziamento. Si applica infatti ai casi di grave crisi, per esempio quando un’impresa chiude, e serve ad assicurare un reddito alla persona che perde il lavoro. Può durare 12 o 24 mesi, prorogabili di altri 12 (a seconda dei casi), ma non può mai superare i 36 mesi in cinque anni. Anche qui è prevista una specifica procedura di consultazione sindacale, e l’azienda deve poi fare richiesta al ministero del Lavoro, che deve decidere se concedere o meno la cassa integrazione. Corrisponde anche in questo caso all’80% dello stipendio, con massimali e minimali.
La cassa integrazione in deroga
E’ un istituto previsto dal 2009 per far fronte alla crisi. Spetta anche ai dipendenti delle Pmi sotto i 15 dipendenti. Viene autorizzata non dal ministero ma dalle Regioni. La durata viene stabilità dagli accordi territoriali o da quelli di concessione, l’importo anche in questo caso è pari all’80% dello stipendio.
La mobilità
E’ uno strumento a sostegno dei lavoratori licenziati. Riguarda gli ex dipendenti delle aziende con più di 15 dipendenti (o nel caso di imprese commerciali oltre i 200 dipendenti) e garantisce l’80% della retribuzione. Spetta anche ai lavoratori che escono dalla cassa integrazione straordinaria. Viene pagata direttamente dall’Inps.
Cassa integrazione, quanto costa
Per quanto riguarda tutte le forme di cassa integrazione, va sottolineato che il periodo trascorso in Cig è valido ai fini del calcolo e dell’anzianità pensionistica. La Cig viene di fatto pagata dalle aziende e dai lavoratori attraverso specifici accantonamenti. Fa eccezione la cassa integrazione in deroga, che spetta anche allle Pmi le quali non contribuiscono al fondo per la Cig: viene finanziata dallo stato e dalle regioni.
Nel 2011 in Italia sono state autorizzate 953 milioni di ore di cassa integrazione, in calo rispetto al miliardo e 203mila del 2010, in lieve aumento dai 914milioni di ore del 2009. Dei 953 milioni di ore autorizzate nel 2011, ne sono state effettivamente utilizzati il 46%.
Secondo i calcoli dell’Inps, le varie forme di ammortizzatori sociali (cassa integrazione, mobilità, indennità) negli ultimi tre anni hanno comportato una spesa media fra i 18 e i 20 miliardi ogni anno.