Dopo la chiusura di Megaupload da parte dell’FBI, rimangono in ballo alcune questioni legali di non semplice interpretazione, di interesse per gli utenti che hanno fatto in qualche modo uso del servizio, siano essi semplici privati o aziende.
Quali sono i reati imputabili alle aziende italiane che hanno diffuso tramite Megaupload materiale protetto da copyright? Quale invece il destino del materiale lecito? Alle domande, formulate da Webnews, cerca di rispondere l’avv. Francesco Paolo Micozzi, avvocato del Foro di Cagliari già impegnato in passato nella difesa dei responsabili di The Pirate Bay: un punto di vista importante, insomma, per districare una questione che rischia di calare conseguenze importanti sul file sharing e non solo.
Secondo Micozzi, il servizio non poteva essere considerato illecito a priori e un apposito “Abuse Tool” avrebbe dovuto dare ulteriori garanzie sulla relativa bontà del materiale condiviso su Megaupload; tuttavia, «sono state intercettate le email dei soggetti ritenuti responsabili, dalle quali si evince la volontà di incoraggiare l’upload di materiale protetto (ad esempio con il programma “Uploader Rewards”) e la consapevolezza che singoli file fossero stati inseriti in violazione del copyright». Il che ha consegnato alle autorità la possibilità di intervenire con una irruzione e con il sequestro dei server.
Ora log, IP e dati personali archiviati sui server Megaupload sono in mano all’FBI; è possibile quindi che «l’Autorità giudiziaria statunitense trasmetta l’elenco degli utenti italiani di Megaupload che abbiano diffuso materiale protetto da copyright all’Autorità giudiziaria italiana la quale ultima potrebbe decidere di agire direttamente nei confronti dei soggetti che si trovino sul territorio italiano».
Il reato può cosi essere ricondotto all’art. 171, lett. a-bis) L. 633/41 se non vi è stato uno scopo di lucro, «mentre se l’utente ha diffuso il materiale protetto a fini di lucro (ad esempio sfruttando l’“Uploader Rewards” di Megaupload) potrebbe configurarsi la più grave figura delittuosa prevista dall’art. 171-ter della stessa legge».
Nel caso di file diffusi in modo assolutamente lecito, esiste infine la possibilità, secondo Micozzi, che questi vengano sequestrati assieme al server, con un danno diretto alle aziende che si appoggiavano a Megaupload in qualità di servizio di storage remoto.
In ultima analisi, è bene quindi adottare policy aziendali precise e ben progettate, che non proiettano ombre sul web, e fare attenzione alla “nuvola”all’interno della quale si intende memorizzare i proprio dati. Il rischio è di perdere il proprio materiale: anche se lecito, anche se di proprietà.