In questi tempi di crisi economica, poter contare su un accesso al credito semplice e tempestivo è fondamentale per le piccole e medie imprese. Fondamentalmente per reperire risorse finanziarie le Pmi possono contare su tre canali: mercato del credito, mercato del capitale di rischio e altre modalità di finanziamento (come credito commerciale, anticipi dai clienti, factoring, leasing, forme di credito agevolato e fidi bancari).
Lo scorso 28 dicembre l’Istat ha pubblicato un rapporto intitolato “L’accesso al credito delle piccole e medie imprese” frutto dell’indagine comunitaria “Access to finance” che si poneva l’obiettivo di studiare gli ostacoli all’accesso ai mercati finanziari per le imprese e i loro cambiamenti nel corso del tempo, analizzare le necessità future legate al reperimento di risorse finanziarie e identificare a quali soggetti si rivolgono le imprese per ottenere finanziamenti. Da questa si evince quanto gli effetti della crisi economica siano stati considerevoli per le imprese.
Indagine Istat sull’accesso al credito delle Pmi
Secondo i dati dell’indagine Istat le Pmi hanno incrementato l’attività di ricerca di finanziamenti nell’arco di tempo che va dal 2007 al 2010, passando da un 36,5% ad un 52,2%. La modalità principale attraverso cui reperire risorse è stata la richiesta di credito (fatta eccezione per le aperture di credito in conto corrente) con il 27,1% del 2007 e il 33,9% del 2010. Marginale è il reperimento attraverso capitale di rischio, mentre le prassi diverse da queste due, come ad esempio il credito commerciale, le aperture di credito attraverso il conto corrente e il leasing, hanno beneficiato di un incremento passando dal 14,7% del 2007 al 28,3% del 2010.
A fronte di un aumento delle imprese che cercano risorse finanziarie si registra un calo dei successi nell’accesso al credito: la percentuale di imprese che hanno chiesto finanziamenti ottenendoli infatti è calata dall’87,5% del 2007 al 79,8% del 2010, ciò a causa dell’ottenimento di risorse inferiori rispetto a quelle richieste. I canali attraverso cui accedere al credito sono quelli tradizionali (le banche soprattutto), anche se il 35,4% delle imprese si è rivolto a soggetti diversi (proprietà o i soci nel caso di cooperative) nel 2010 rispetto al 1,1% del 2007.
Per quanto riguarda gli orientamenti futuri, il 53,3% del campione ammette di voler reperire risorse nel periodo 2012-2014 attraverso il credito (47,8%), il capitale di rischio (1,7%), o una delle altre modalità (7,9%). In ogni caso il 93% del campione prevede di farlo attraverso le banche.
Perché ricorrere al reperimento di risorse finanziarie? Il 74,9% lo farà per finanziarie l’attività ordinaria, il 37,7% per accrescere la propria presenza sul mercato nazionale, il 20,1% per investire in ricerca, sviluppo e innovazione.
Durante il periodo analizzato la maggior parte delle Pmi ha cercato di reperire risorse tramite il credito dato dalla contrazione di prestiti e mutui; nel 2007 come nel 2010 le imprese che offrivano lavoro a un numero di addetti compreso tra i 100 e i 249 e quelle ad alto tasso di crescita sono ricorse al credito in più del 40% dei casi, mentre le imprese con un numero di addetti tra 10 e 99 hanno mostrato un forte incremento in questo senso passando dal 26,7% del 2007 al 33,6% del 2010.
Entrando nello specifico le tipologie d’impresa più interessate sono state l’industria in senso stretto e delle costruzioni, per le quali la ricerca di finanziamenti attraverso il credito è stata rispettivamente del 30,1% e del 27,6% nel 2007 e del 38,6% e del 36,9& nel 2010. La ricerca di finanziamento ha auto un esito positivo decrescente come già anticipato, ma questo decremento ha avuto particolare rilievo nel caso di aziende ad alta crescita (82,4% nel 2007 e 73,9% nel 2010) e di aziende giovani ad alta crescita (74,5% nel 2007 e 61,5% nel 2010).
In conclusione è necessario notare come sia aumentato il bisogno di ottenere finanziamenti all’indomani della crisi economica, ma all’aumento della domanda ha fatto seguito un non proporzionale aumento dei fondi messi a disposizione.
Le banche restano il canale privilegiato (a esse si rivolge più del 90% del campione), ma per via della crescente difficoltà nel reperire risorse da questi soggetti le imprese stanno progressivamente diversificando gli obiettivi richiedendo somme anche ad altri (se nel 2007 era il 17,1% del campione a rivolgersi alla proprietà o ai soci lavoratori delle cooperative, nel 2010 la percentuale è salita al 35,4%). Ancora scarso è l’interesse mostrato per i capitali di rischio (come la quotazione su listini azionari, private equity e venture capital) ai quali si rivolge solo l’1,1% del campione.
Il campione dell’indagine Istat
L’indagine, che ha interessato il periodo compreso tra 2007 e 2010, ha riguardato esclusivamente le imprese attive nei settori dei servizi di mercato (settori NACE rev. 2 codici B-N, tranne la sezione K almeno dal 2005), con un numero di impiegati compreso tra 10 e 249 nel 2008 e almeno 10 nel 2010.
Queste imprese sono state a loro volta divise in base al tasso di crescita ottenendo tre macro aree: imprese giovani e ad alta crescita (nate tra il 2003 e il 2005 in cui gli addetti fossero cresciuti almeno del 72,8% nel 2008 rispetto al 2005), altre imprese ad alta crescita (nate prima del 2003 ma con il medesimo incremento di addetti) e tutte le altre imprese attive nei settori di riferimento.
I settori di attività esaminati sono stati: industria in senso stretto; costruzioni; servizi di informazione e comunicazione; attività professionali, scientifiche e tecniche; altri servizi (trasporti, commercio, servizi di alloggio e ristorazione, attività immobiliari e servizi di supporto alle imprese). Dal punto di vista numerico il target dell’analisi era costituito da 106.897 imprese che impiegavano nel 2009 ben 2.675.779. Ha risposto al quesito online il 38,7% del campione, e cioè 5.131 imprese.