La manovra Monti ha ulteriormente ridotto l’utilizzo del contante rispetto alla quarta manovra finanziaria del 2011 messa a punto l’estate scorsa dal governo Berlusconi: con la norma di fine dicembre 2011, la soglia massima del contante si è abbassata a 1000 euro, da 2.500. Questo vale anche per il trasferimento di titoli al portatore.
L’obiettivo è quello di tracciare i movimenti di denaro, così da bloccare i flussi economici della criminalità e combattere la piaga dell’evasione fiscale.
Il Parlamento ha anche approvato un emendamento al testo del decreto Salva Italia che garantisce la copertura alle infrazioni commesse in questo senso nel periodo compreso tra il 6 dicembre scorso e il 31 gennaio 2012, che quindi non costituiscono reato.
Gli intermediari finanziari hanno l’obbligo, a partire dal primo gennaio 2012, di comunicare i dati riguardanti le movimentazioni e ogni informazione utile ai controlli fiscali.
Queste informazioni saranno archiviate nell’anagrafe tributaria e trattati nel massimo rispetto della privacy dei contribuenti. La modalità di comunicazione infatti dovrà rispettare le norme del Garante della privacy e sarà anche necessario sentire le associazioni di categoria degli operatori finanziari, inoltre le informazioni dovranno essere strettamente necessarie per la corretta esecuzione dei controlli fiscali.
L’articolo 12 della manovra Monti, oltre a limitare l’uso del contante, stabilisce che le pubbliche amministrazioni hanno l’obbligo di pagare le spese mediante l’utilizzo di strumenti telematici depositando le somme direttamente sui conti correnti dei creditori o comunque con servizi elettronici di pagamento interbancario indicati dal creditore stesso. Anche stipendi e pensioni erogati da enti pubblici nella cifra superiore a 500 euro non possono essere ceduti tramite denaro contante: tutto questo ha l’obiettivo dichiarato di velocizzare il processo di ammodernamento che sta coinvolgendo la P.A. riducendo al contempo costi finanziari e amministrativi provocati dall’utilizzo del denaro contante.
L’abbassamento della soglia di tracciabilità a soli 1.000 euro comporterà inevitabilmente il maggiore utilizzo di strumenti di pagamento alternativi, quali bancomat e carte di credito.
Secondo l’Abi (Associazione delle banche italiane) già durante lo scorso anno si è assistito a un aumento dell’utilizzo di carte di credito del 6%, mentre quello di carte prepagate è aumentato del 16%. Una ricerca del Politecnico di Milano ha evidenziato che il valore delle transazioni che non hanno bisogno di banconote è in media di 97 euro per le carte di credito in Italia, circa il doppio di quanto avviene negli Stati Uniti o nei Paesi del Nord Europa. Avanza anche l’acquisto online: il 37% degli italiani ha effettuato acquisti su internet in un periodo non superiore ai tre mesi, utilizzando carta di credito o servizi come quelli offerti da Paypal.
L’importanza dell’utilizzo di mezzi di pagamento come le carte di credito è stata evidenziata ancora dall’Abi, secondo la quale l’utilizzo diffuso della carta di credito potrebbe sottrarre all’evasione fiscale qualcosa come il 3% del prodotto interno lordo del Paese.
Intanto il mercato si evolve, anche con nuove forme di pagamento tracciabili, ancora più comode di quelle tradizionali: il decollo delle transazioni elettroniche è inevitabilmente associato, secondo Filippo Renga, responsabile dell’Osservatorio mobile business della School of management del Politecnico di Milano, allo sviluppo della tecnologia Nfc, che consente ai consumatori di pagare attraverso il proprio cellulare. In Francia sono già partite le prime sperimentazioni, ma nel 2012 anche in Italia sarà possibile, presso alcuni ipermercati, pagare la spesa semplicemente avvicinando il proprio telefonino alla cassa.
E non dovrebbe essere un passaggio particolarmente complesso da far digerire ai consumatori, visto che secondo Gfk Eurisko il 6% degli italiani dichiara di aver effettuato acquisti online pagando attraverso il proprio smartphone.
Tornando alla manovra Monti, conversione in legge del decreto Salva Italia, sarà effettivamente utile la riduzione dell’utilizzo del contante a un massimo di 1.000 euro per porre freno all’evasione fiscale? Secondo Attilio Befera, direttore dell’Agenzia delle Entrate e presidente della società di riscossione Equitalia, dopo l’approvazione del decreto finalmente si dispone di mezzi utili che consentono di operare efficacemente. Tra questi grande importanza è assunta proprio dai limiti introdotti nell’uso del denaro contante e soprattutto dall’accesso all’informazione completa sui movimenti finanziari.
Certo riportare ai livelli dell’Europa un’evasione fiscale che è pari a 120 miliardi di euro l’anno non è impresa da poco, ma se prima l’Agenzia delle Entrate poteva rivolgersi all’anagrafe tributaria nel corso di un accertamento per ottenere notizie dalle banche, oggi il sistema informatico dell’Agenzia registra tutti i movimenti su conti correnti, fondi, gestioni patrimoniali e polizze assicurative, favorendo interventi molto più celeri ed efficaci.
Quest’ultima introduzione, voluta già a luglio dall’ex ministro dell’Economia Giuio Tremonti e confermata dal governo Monti, che segna la fine del segreto bancario in Italia, può sembrare illiberale, ma è necessaria in un Paese in cui, ad esempio, molte imprese, specialmente nell’edilizia, falliscono senza aver pagato tasse e contributi e il proprietario riapre poi con una nuova ragione sociale (circostanza ricordata recentemente dallo stesso Befera), oppure il 42% delle barche di lusso, pari a 42mila natanti, appartiene a contribuenti che dichiarano meno di 20mila euro di reddito imponibile annuale.