La competitività delle Pmi italiane è minacciata da fenomeni come abusivismo e contraffazione, declinazioni purtroppo familiari per molti segmenti produttivi: a pagarne le conseguenze, il Made in Italy e le piccole e medie imprese che lo animano.
Queste le prime conclusioni della Ricerca Confcommercio realizzata con Format-Ricerche di Mercato, e presentata oggi a Palermo nel corso della tappa siciliana del Roadshow Pmi dal titolo “Legalità, sicurezza e Pmi“.
Le cifre confermano come in in Italia il giro d’affari legato alla produzione e al traffico di merci contraffatte superi i 7 miliardi di euro (dati Ocse).
Tutto questo incide fortemente sugli indici di natalità e mortalità delle imprese, soprattutto le Pmi già soffocate dalla crisi economica. Gli effetti più immediati sono in primis un ridotto regime di libera concorrenza (34%) ma anche lo sfruttamento del lavoro sommerso (31,6%).
L’offerta di prodotti contraffatti contribuisce alla contrazione delle domanda, oltre alla già esistente scarsezza di consumi: un quadro grave che va a sommarsi all’atavico problema della mancanza di liquidità e della difficoltà di accesso al credito.
Non solo: il 24,5% delle Pmi, come emerge dalla Ricerca Confcommercio, patisce anche le ripercussioni di un livello di sicurezza oggi percepito come insufficiente: tanto che i 2/3 delle aziende si sentono costrette a investire in soluzioni mirate, che erodono ulteriormente i già ridotti volumi flussi di cassa.
Contro chi puntare il dito? Le imprese del Nord Ovest denunciano i produttori di merci contraffatte (40,9%), ma allo stesso modo si leva insistente la voce sofferente delle Pmi del Sud Italia.
Le soluzioni? Più controlli da parte delle forze dell’ordine (24,1%) e delle autorità nazionali (27,8%) e forze dell’ordine (24,1%), ma anche un giro di vite tramite sanzioni amministrative (26,4%) più frequenti e severe.