L’Agenzia delle Entrate ha chiarito i requisiti per la certificazione del rischio fiscale in ambito di cooperative compliance, fornendo indicazioni sui soggetti abilitati a effettuare tale valutazione. Tutte le istruzioni sono contenute nel decreto pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 2 del 3 gennaio 2025, a firma del Ministero dell’Economia di concerto con quello della Giustizia.
Il provvedimento risponde alle richieste di maggiore trasparenza da parte delle imprese e mira a rafforzare il dialogo preventivo tra contribuenti e amministrazione finanziaria.
La certificazione del rischio fiscale
La certificazione del rischio fiscale è uno strumento fondamentale per accedere al regime di cooperative compliance. Consente alle imprese di attestare il proprio livello di rischio in relazione al sistema di controllo interno adottato per prevenire comportamenti elusivi o fraudolenti.
Tale certificazione rappresenta un prerequisito per instaurare un rapporto collaborativo e trasparente con l’Agenzia delle Entrate, riducendo i rischi di contenzioso e migliorando la gestione degli obblighi tributari.
I soggetti abilitati al suo rilascio
I soggetti autorizzati a rilasciare la certificazione del rischio fiscale sono i seguenti.
- Società di revisione iscritte al Registro dei revisori legali e avere comprovata esperienza nell’analisi e gestione dei rischi aziendali.
- Organismi di certificazione accreditati operanti secondo gli standard ISO, garantendo competenza e imparzialità.
- Professionisti qualificati abilitati all’esercizio della revisione legale dei conti e con esperienza specifica nell’ambito fiscale.
Ogni certificatore deve rispettare rigorosi standard di indipendenza e professionalità, assicurando una valutazione obiettiva e basata su criteri riconosciuti a livello internazionale.
Requisiti di onorabilità e professionalità
Secondo l’articolo 2 del decreto attuativo, i professionisti devono dimostrare un alto grado di integrità morale e competenza tecnica. Nello specifico, per essere considerati “onorabili”, non devono:
- essere stati condannati per reati fiscali, frodi o altri delitti rilevanti;
- incorrere in cause di esclusione indicate nel Dlgs n. 36/2023;
- trovarsi nelle condizioni di decadenza previste dall’articolo 2382 del Codice civile.
In termini di professionalità, devono possedere competenze specifiche nei seguenti ambiti:
- sistemi di controllo interno e gestione dei rischi;
- principi contabili applicabili all’organizzazione incaricante;
- diritto tributario.
La perdita di questi requisiti comporta la cancellazione immediata dall’elenco.
Requisiti di indipendenza
L’indipendenza del certificatore è fondamentale. Ai sensi dell’articolo 4 del decreto, il professionista non può accettare incarichi che compromettano la sua obiettività. Non può dunque:
- rivestire cariche sociali nel soggetto incaricante o in società collegate;
- essere legato da rapporti di parentela entro il quarto grado con gli amministratori o i sindaci del soggetto richiedente;
- aver intrattenuto rapporti professionali con il soggetto richiedente nei due anni precedenti;
- detenere strumenti finanziari emessi o garantiti dal soggetto incaricante.
Inoltre, il professionista deve astenersi da operazioni finanziarie che possano generare conflitti di interesse e non può detenere interessi diretti o beneficiari rilevanti sugli strumenti finanziari collegati all’azienda certificata, salvo che siano parte di regimi di investimento collettivo diversificati.
Limiti temporali dell’incarico
L’incarico può essere rinnovato per un massimo di tre volte consecutive presso lo stesso soggetto. Successivamente, il professionista potrà ricevere un nuovo incarico solo dopo un intervallo di sei anni dall’ultima certificazione.
Compiti del certificatore
Prima di accettare l’incarico, il professionista deve comprovare il possesso dei requisiti richiesti mediante documenti ufficiali o dichiarazioni sostitutive. Le sue attività principali includono:
- identificazione dei processi di controllo (selezionare i processi chiave per prevenire i rischi fiscali);
- valutazione della conformità (verificare che i processi siano conformi alle linee guida per un efficace sistema di gestione dei rischi fiscali);
- verifica operativa: (testare l’efficacia e la continuità operativa dei controlli implementati).
Questi compiti garantiscono che il sistema integrato di gestione e controllo del rischio fiscale del soggetto richiedente rispetti le normative e sia efficace nel mitigare i rischi.
Il regime di cooperative compliance
Accedere al regime di cooperative compliance offre numerosi vantaggi alle imprese: riduzione dei controlli ex post: grazie al monitoraggio continuo da parte dell’Agenzia delle Entrate; gestione anticipata delle incertezze fiscali: attraverso un dialogo preventivo con l’amministrazione; maggiore trasparenza verso stakeholder e investitori: migliorando la reputazione e facilitando l’accesso ai mercati.
Requisiti per le imprese
Per accedere al regime di cooperative compliance, oltre alla certificazione del rischio fiscale, le imprese devono dimostrare:
- un volume d’affari o ricavi non inferiore a 1 miliardo di euro (ridotto a 100 milioni di euro per le imprese aderenti a un gruppo multinazionale);
- un sistema di controllo interno in linea con i requisiti normativi;
- la volontà di instaurare un rapporto collaborativo con l’amministrazione finanziaria.