Una riforma sul finanziamento pubblico ai partiti richiede un provvedimento legislativo dedicato, approvato dal Paramento, possibilmente con dibattito ampio e adeguato alla complessità della materia: con questa motivazione, il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha informalmente fatto sapere alle forze politiche che non promulgherebbe il decreto legge con la ripartizione ai partiti della quota di inoptato del 2 per mille.
Si tratta di un emendamento al Decreto Fiscale, approvato in in commissione Bilancio al Senato attraverso un emendamento avanzato da forze di opposizione, in una versione diversa da quella alla fine approvata, e poi comunque votata anche dai partiti che appoggiano il Governo.
Un consenso trasversale nei confronti di una norma che, sostanzialmente, raddoppierebbe il finanziamento ai partiti.
Aumento del finanziamento pubblico ai partiti: l’emendamento
Attualmente la quota del 2 per mille che va nelle casse delle forze politiche è intorno ai 25 miliardi di euro, distribuita sulla base delle scelte dei contribuenti in sede di compilazione della dichiarazione dei redditi.
La modifica proposta prevede di passare dal 2xmille allo 0,2xmille dell’IRPEF ma destinandoai partiti anche la parte sulla quale i contribuenti non esprimono una preferenza (il cosiddetto “inoptato“), con un sistema che potremmo definire proporzionale: a ogni forza politica andrebbe una fetta pari alla percentuale di adesioni espresse. In tutto, un tesoretto di circa 42 miliardi di euro.
La bocciatura del Presidente della Repubblica
Il Quirinale, dopo che l’emendamento è stato approvato, ha fondamentalmente chiesto, seppur in modo informale, di rivedere la norma.
Così come si presenta oggi il correttivo, il Capo dello Stato non la firmerebbe, per diversi motivi.
Innanzitutto perchè non è coerente con la materia del Decreto Fiscale nel quale è stato inserito, dedicato ad altre tipologie di misure. In secondo luogo, perchè una misura di tale impatto sui conti pubblici richiederebbe un provvedimento legislativo specifico e non un decreto legge caratterizzato da “necessità e urgenza”.