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Cedolino pensione: gennaio 2025 in ritardo ma con aumenti e novità

di Noemi Ricci

19 Dicembre 2024 09:00

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In arrivo i pagamenti delle pensioni INPS per gennaio 2025: ecco tutte le date di accredito e le novità sugli importi e le decorrenze.

L’INPS ha reso noto che  la mensilità di gennaio 2025 andrà in pagamento il giorno 3 gennaio 2025. Dunque, il primo accredito delle pensioni del nuovo anno avverrà con uno slittamento rispetto alla data attesa negli altri mesi, poiché a gennaio il pagamento delle pensioni non avviene il primo giorno bancabile del mese, bensì il secondo, per via delle festività di inizio anno.

Il 3 gennaio 2024 è dunque la data di riferimento (data valuta) per tutti i pensionati INPS. Coloro che ritirano l’assegno in contanti presso le Poste dovranno seguire il consueto calendario scaglionato in base al cognome.

Come di consueto, a partire dal nuovo anno si applica la perequazione automatica delle pensioni, ma ci sono anche delle novità per chi andrà in pensione quest’anno, alcune introdotte dalla Manovra altre basate sulle rilevazioni ISTAT. Vediamo tutto in dettaglio.

Rivalutazione pensioni: le regole 2025

Nel 2025, l’adeguamento delle pensioni all’inflazione sarà molto contenuto, con un tasso di rivalutazione dello 0,8%. Questo aumento, pur applicando la perequazione automatica per fasce, risulterà significativamente inferiore rispetto agli ultimi due anni.

CALCOLO PENSIONE ONLINE

L’adeguamento per il 2024, già applicato in precedenza, resta confermato al 5,4%, senza necessità di conguagli. Le pensioni minime aumenteranno di 2 euro, portandosi a 616,67 euro al mese grazie a una rivalutazione straordinaria prevista dalla Manovra 2025.

La rivalutazione per le pensioni superiori al trattamento minimo sarà progressiva, secondo quanto stabilito dal decreto MEF del 27 novembre 2024, con una percentuale del tasso di indicizzazione applicata a tre fasce di importo pensionistico:

  • 100% del tasso di inflazione ISTAT per le pensioni fino a 3 volte il trattamento minimo;
  • 90% del tasso di inflazione ISTAT per le pensioni da 3 a 5 volte il minimo;
  • 75% del tasso di inflazione ISTAT per le pensioni oltre 5 volte il minimo.

In pratica gli aumenti diventano progressivi in base ai seguenti scaglioni:

  • le pensioni fino a 2.394 euro lordi al mese (4 volte il minimo) aumenteranno dello 0,8% (100% del tasso di indicizzazione);
  • le pensioni tra 2.394 e 2.993 (tra 4 e 5 volte il minimo) euro dello 0,72% (90% del tasso di indicizzazione);
  • le pensioni oltre 2.993 euro lordi (superiori a 5 volte il minimo) si rivaluteranno solo dello 0,6% (75% del tasso di indicizzazione).

Questo meccanismo di perequazione per fasce significa che per chi percepisce pensioni più elevate, l’aumento sarà inferiore, dato che l’indicizzazione non si applica integralmente a tutta l’assegno.

Calcolo aumento pensione da gennaio

Per fare un esempio pratico, chi percepisce una pensione di 1.000 euro al mese vedrà un aumento di circa 8 euro mensili, arrivando a un totale di 1.008 euro al mese.

Per una pensione di 2.000 euro, l’aumento sarà dell’8%, arrivando a 2.016 euro mensili.

Tuttavia, per pensioni superiori a 2.993 euro mensili, come ad esempio una pensione di 3.000 euro, l’aumento sarà più complesso da calcolare: una parte dell’importo sarà rivalutata allo 0,8%, un’altra parte allo 0,72%, e la quota restante allo 0,6%, a causa dell’applicazione del meccanismo a scaglioni.

Incremento dei trattamenti minimi

Per quanto riguarda le pensioni minime, l’aumento previsto avrebbe comportato un passaggio da 598,61 euro mensili a 603,40 euro, con un incremento nominale di soli 1,80 euro. Grazie alla maggiorazione straordinaria del 2,2% prevista dalla Manovra 2025, la pensione minima è stata portata a 616,67 euro al mese, con un incremento effettivo rimasto in ogni caso ben al di sotto del tasso d’inflazione degli ultimi anni.

Per questo, è stato presentato un emendamento da Forza Italia che propone di aumentare ulteriormente le pensioni minime, fissando l’aumento al 2,7%, in linea con l’incremento dello scorso anno. Nonostante queste iniziative, il recupero complessivo non sarà sufficiente a garantire il potere d’acquisto ai pensionati, che continueranno a fare i conti con gli effetti dell’inflazione.

Pensioni decorrenti dal 2025 più basse

A partire dal 2025, i coefficienti di trasformazione utilizzati per calcolare la pensione contributiva saranno più bassi rispetto a quelli attuali, riducendo l’assegno per i pensionati che andranno in pensione nel biennio 2025-2026.

I nuovi coefficienti, che variano tra il 1,5% e il 2,18% in meno rispetto a quelli attuali, comportano una perdita annua per chi ha un montante contributivo. Ad esempio, chi ha accumulato 300.000 euro di contributi e si ritira a 67 anni perderà circa 350 euro all’anno.

Questa riduzione è dovuta all’aumento delle aspettative di vita, che implica un periodo più lungo di percezione della pensione. I coefficienti più bassi si applicano solo a chi andrà in pensione dal 1° gennaio 2025, mentre chi è già in pensione continuerà a ricevere l’assegno calcolato con i coefficienti precedenti.

Calendario pagamento pensioni INPS 2025

I pensionati che ricevono una pensione entro i 1.000 euro e la ritirano in contanti possono recarsi presso gli uffici postali con il seguente calendario:

  •  A – B: Venerdì 3 gennaio 2025
  •  C – D: Sabato (solo mattina) 4 gennaio 2025
  •  E – K: Martedì 7 gennaio 2025
  •  L – O: Mercoledì 8 gennaio 2025
  •  P – R: Giovedì 9 gennaio 2025
  •  S – Z: Venerdì 10 gennaio 2025

Riforma Pensioni 2025: cosa cambia?

Nel 2025, l’accesso alla pensione in Italia si articola attraverso varie opzioni e requisiti, con alcune conferme delle misure attuali e alcune modifiche introdotte dalla Manovra 2025. Queste puntano principalmente a mantenere le opzioni di pensionamento flessibile, seppur con alcune penalizzazioni per i dipendenti pubblici e l’adeguamento dei calcoli secondo il sistema contributivo.

Pensione di vecchiaia

I requisiti rimangono invariati rispetto agli anni precedenti: per accedere alla pensione di vecchiaia, i lavoratori devono aver maturato almeno 20 anni di contributi e aver raggiunto i 67 anni di età, con la cessazione del rapporto di lavoro dipendente (non quello autonomo). Non sono previsti adeguamenti alle aspettative di vita fino al 2026.

Pensioni anticipate

La pensione anticipata ordinaria rimane con gli stessi requisiti:

  • 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini
  • 41 anni e 10 mesi per le donne.

Anche nel 2025, non sono previsti adeguamenti ai requisiti anagrafici, ma la pensione viene erogata con una finestra mobile di 3 mesi. Inoltre, i lavoratori del settore pubblico che optano per la pensione anticipata subiscono una penalizzazione sulla pensione, con allungamenti delle decorrenze (fino a 9 mesi dal 2028).

Quota 103

Questa formula, che consente l’uscita anticipata con 62 anni di età e 41 anni di contributi, resta attiva per chi matura i requisiti entro il 31 dicembre 2024. Tuttavia, prevede penalizzazioni come il ricalcolo dell’assegno con il sistema contributivo e una finestra mobile più lunga (7 mesi per i dipendenti e 9 per gli autonomi).

Opzione Donna

Le lavoratrici con almeno 61 anni di età e 35 anni di contributi possono accedere alla pensione con un assegno calcolato interamente con il sistema contributivo. Sono previsti sconti fino a due anni per le donne con due o più figli; un anno con un figlio. All’Opzione Donna sono ammesse le donne che rientrano nelle seguenti categorie:

  • caregiver familiari di conviventi disabili o non autosufficienti;
  • invalide (inabili al lavoro) almeno al 74%;
  • in esubero (dipendenti o licenziate) da aziende per le quali è stato aperto un tavolo di crisi.

APe Sociale

Confermato anche nel 2025, l’APe Sociale è un’agevolazione che consente di andare in pensione con 63 anni e 5 mesi di età, oltre a 30 anni di contributi (o 36 per lavori gravosi). È accessibile per determinate categorie di lavoratori, come i disoccupati senza sussidio, i caregiver, i disabili, e i lavoratori in mansioni gravose. Non sono previste finestre mobili di uscita.

Pensione Precoci con Quota 41

I lavoratori precoci, che hanno iniziato a lavorare prima dei 19 anni, possono andare in pensione con  Quota 41, ovvero con 41 anni di contributi, indipendentemente dall’età. Tuttavia, i dipendenti pubblici ex INPDAP subiscono una penalizzazione con il ricalcolo della quota retributiva, con una finestra mobile che allunga i tempi di uscita.

Donne madri

Infine, c’è una novità per le donne che sono madri di almeno 4 figli: possono andare in pensione con un anticipo di fino a 16 mesi, se rientrano interamente nel sistema di calcolo contributivo.