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Tassare i redditi da capitale per un Fisco più equo in Italia

di Anna Fabi

15 Novembre 2024 12:00

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La tassazione sui redditi da capitale può migliorare la progressività fiscale e ridurre le disuguaglianze, allineandosi ai principi costituzionali.

La questione della tassazione sui redditi da capitale in Italia, nel contesto delle riforme fiscali, è tornata più che mai attuale nella sessione di Bilancio 2025. Un sistema progressivo dovrebbe distribuire il carico fiscale in base alla capacità contributiva di ciascun contribuente, come stabilito dall’articolo 53 della Costituzione Italiana.

Tuttavia, le aliquote sui redditi da capitale risultano inferiori a quelle sui redditi da lavoro, penalizzando questi ultimi e aggravando le disuguaglianze sociali.

Un recente articolo pubblicato su Lavoce.info, a cura di un pool di economisti italiani, esplora le criticità del sistema attuale ed avanza alcune proposte di riforma per garantire un sistema fiscale più giusto ed equilibrato, approfondendo il tema attraverso riferimenti legali e comparazioni internazionali.

Disuguaglianza fiscale tra redditi da capitale e di lavoro

In Italia, la disparità tra i redditi da lavoro e quelli da capitale è significativa e in crescita. I redditi da capitale – comprendenti dividendi, plusvalenze, interessi su obbligazioni e altre rendite finanziarie – sono soggetti ad aliquote che vanno dal 12,5% al 26%, mentre i redditi da lavoro seguono un sistema progressivo che raggiunge il 43%. Questo squilibrio penalizza i contribuenti che non dispongono di capitali da investire e aumenta le disuguaglianze.

Dati e studi recenti indicano come le persone con patrimoni elevati ottengano ritorni superiori sugli investimenti, riducendo il peso fiscale rispetto a chi dipende esclusivamente dal reddito da lavoro. Questo impone una riflessione sulla revisione della tassazione sui redditi da capitale, per migliorare la progressività fiscale e allineare l’Italia a modelli più giusti.

Il principio di progressività nella Costituzione

L’articolo 53 della Costituzione Italiana stabilisce il principio di progressività del sistema tributario, imponendo che “tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva”. Ciò significa che i contribuenti con maggiori disponibilità economiche dovrebbero pagare tasse proporzionalmente più alte.

Nonostante il principio costituzionale, il trattamento agevolato riservato ai redditi da capitale mette in discussione l’efficacia della progressività fiscale.

Riducendo la tassazione sui guadagni da capitale rispetto a quelli da lavoro, il sistema fiscale attuale avvantaggia i contribuenti più abbienti, riducendo le aliquote effettive e, di fatto, generando un effetto regressivo.

Confronto con i modelli fiscali europei

In Europa, alcuni Paesi come Danimarca, Svezia e Norvegia adottano aliquote progressivamente alte sui redditi da capitale, oscillando tra il 30% e il 42%.

Anche in Germania, pur con un’aliquota fissa al 25%, vengono previste esenzioni e deduzioni che aiutano a mitigare le disuguaglianze. In Francia, la flat tax del 30% per i redditi da capitale è abbinata a un sistema di deduzioni per i redditi medio-bassi.

Questi modelli evidenziano come una tassazione progressiva sui redditi da capitale possa ridurre le disparità, promuovendo una maggiore equità fiscale e attenuando il divario tra redditi da capitale e redditi da lavoro.

Gli effetti redistributivi di una riforma del capitale

Un’aliquota progressiva sui redditi da capitale, secondo numerosi economisti, potrebbe rafforzare la redistribuzione della ricchezza e garantire una maggiore equità sociale, supportando così anche l’articolo 3 della Costituzione Italiana, che impone allo Stato di rimuovere gli ostacoli economici limitanti la libertà e l’uguaglianza dei cittadini.

Un aumento della tassazione sul capitale potrebbe tradursi in nuove entrate da destinare a misure di welfare e di sostegno sociale, incrementando la redistribuzione economica e compensando le disuguaglianze che, attualmente, privilegiano una minoranza della popolazione.

Impatto su rendimenti, mercato e piccola proprietà

I seguenti punti mostrano i benefici e le attenzioni necessarie per implementare una riforma fiscale equa sui redditi da capitale.

  • Redistribuzione delle risorse: le nuove entrate fiscali potrebbero finanziare programmi di welfare e politiche sociali.
  • Rischio di delocalizzazione: un incremento dell’aliquota sui capitali potrebbe incoraggiare la delocalizzazione dei patrimoni, rendendo necessario un coordinamento con i Paesi vicini.
  • Protezione dei piccoli risparmiatori: occorre prevedere detrazioni e riduzioni per i risparmiatori con piccoli capitali, per evitare che la riforma incida in modo sproporzionato sui rendimenti minori.

Proposte di riforma: sistema progressivo o flat tax migliorata?

Il tema della tassazione dei redditi da capitale apre un dibattito importante sull’equità fiscale in Italia. Se correttamente implementata, una riforma potrebbe aiutare a colmare le attuali lacune nel sistema fiscale, avvicinando l’Italia ai migliori standard internazionali e migliorando la redistribuzione della ricchezza.

Le proposte attuali riguardano principalmente due strade: l’introduzione di una flat tax unica e maggiorata, pari al 30-35%, oppure l’adozione di una progressività fiscale che applichi aliquote differenziate sui redditi da capitale, così come avviene per quelli da lavoro.

  1. Flat tax incrementata: un’aliquota unica attorno al 30-35%, in linea con le medie europee, garantirebbe una maggiore uniformità, pur mantenendo un’imposta accessibile per chi investe in capitale.
  2. Sistema progressivo su redditi da capitale: l’adozione di aliquote graduate permetterebbe una redistribuzione più equa e una maggiore aderenza ai principi costituzionali, con agevolazioni per i redditi medio-bassi.

Un’altra proposta interessante è quella di aumentare le detrazioni per i piccoli risparmiatori, riservando invece le aliquote più elevate ai contribuenti con patrimoni ingenti.