Licenziarsi da un contratto a tempo indeterminato è una scelta più comune di quanto si pensi: si può decidere di interrompere il rapporto con l’azienda per nuove opportunità professionali, motivi personali o anche solo insoddisfazione lavorativa.
Qualunque sia la ragione, è fondamentale conoscere diritti e doveri contrattuali per dimettersi in modo corretto e senza incorrere in penalità.
In questo articolo, proviamo dunque a fornire una guida pratica su come licenziarsi da un contratto a tempo indeterminato concentrandoci sul periodo di preavviso e sul calcolo dei relativi giorni, con le conseguenze legali in caso di mancato rispetto delle norme.
Nei paragrafi successivi, sono pertanto esaminate in dettaglio tutte le fasi e le implicazioni del processo di dimissioni da un contratto a tempo indeterminato.
Come licenziarsi da un contratto a tempo indeterminato
Per licenziarsi da un contratto a tempo indeterminato, il lavoratore deve seguire una procedura ben definita, che prevede la presentazione delle dimissioni tramite il portale online del Ministero del Lavoro. Dal 12 marzo 2016, infatti, le dimissioni devono essere comunicate esclusivamente per via telematica, come previsto dal Decreto Ministeriale del 15 dicembre 2015, attraverso il sito web ufficiale o rivolgendosi a un intermediario abilitato, come un patronato o un consulente del lavoro. Questa procedura è stata introdotta per evitare le cosiddette “dimissioni in bianco” e garantire che il processo sia volontario e tracciabile.
Il lavoratore ha due opzioni per inviare le dimissioni:
- invio autonomo, per cui il lavoratore può inviare il modulo di dimissioni tramite il sito del Ministero del Lavoro, utilizzando SPID o CIE per l’accesso. Il modulo consente di recuperare le informazioni relative al rapporto di lavoro dalle Comunicazioni Obbligatorie. Per i rapporti di lavoro instaurati prima del 2008, il lavoratore deve inserire manualmente alcune informazioni, come la data di inizio del rapporto e l’indirizzo email o PEC del datore di lavoro.
- invio tramite soggetti abilitati, per cui il lavoratore può anche rivolgersi a un soggetto abilitato, come un patronato, un’organizzazione sindacale o un consulente del lavoro, per la compilazione e l’invio del modulo al Ministero del Lavoro.
Ogni modulo di dimissioni salvato è contrassegnato da una data di trasmissione (marca temporale) e da un codice identificativo. Il lavoratore ha sempre la possibilità di revocare le dimissioni o la risoluzione consensuale entro 7 giorni successivi alla comunicazione. Trascorso questo termine, le dimissioni diventano definitive e non possono più essere revocate per lo stesso rapporto di lavoro.
Giorni di preavviso per dimissioni da indeterminato
In caso di dimissioni, è fondamentale rispettare la durata del preavviso stabilito dal Contratto collettivo nazionale del lavoro (CCNL) applicato, altrimenti si rischia di dover pagare una penale (art.2118 del Codice Civile).
Il mancato rispetto del preavviso comporta il pagamento di un’indennità sostitutiva pari alla retribuzione che sarebbe spettata per il periodo non lavorato. Questo significa che, se si decide di lasciare il lavoro immediatamente senza rispettare i giorni di preavviso, si dovrà compensare economicamente l’azienda. Lo stesso avviene se a licenziare il dipendente, senza rispettare il periodo di preavviso, è il datore di lavoro.
Il periodo di preavviso per le dimissioni da un contratto a tempo indeterminato varia in base a diversi fattori: il CCNL di riferimento, l’anzianità di servizio e il livello di inquadramento del lavoratore. In genere, può variare da minimo di 15 giorni a massimo 120 giorni, a seconda del contratto e della durata del rapporto di lavoro. È quindi essenziale verificare le specifiche previste dal proprio CCNL per evitare errori.
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Il calcolo del preavviso può essere influenzato anche da eventuali ferie non godute o permessi retribuiti. Questi elementi possono posticipare la fine del rapporto di lavoro, allungando di fatto il periodo di permanenza in azienda. Pertanto, è importante tenere conto di tutti i fattori contrattuali e personali prima di definire la data di effettiva cessazione del servizio.
Durante il periodo di preavviso, il lavoratore è tenuto a continuare a prestare la propria attività lavorativa, salvo diverso accordo con il datore di lavoro.
Esempio di calcolo dei giorni di preavviso per dimissioni
Per capire come calcolare il periodo di preavviso, consideriamo un esempio pratico: un lavoratore con un’anzianità di servizio di 5 anni che decide di dimettersi.
- Secondo il CCNL applicabile, il suo preavviso è di 30 giorni.
- Se il dipendente comunica le dimissioni il 1° settembre, il periodo di preavviso inizierà a decorrere dal giorno successivo, quindi dal 2 settembre.
- Di conseguenza, il lavoratore dovrà prestare servizio fino al 1° ottobre, a meno che non decida di concordare con il datore di lavoro una cessazione anticipata.
Da quando decorre il periodo di preavviso
Il periodo di preavviso decorre dal giorno successivo alla comunicazione delle dimissioni al datore di lavoro. Se, ad esempio, viene inviata il 15 giugno, inizierà il 16 giugno.
È importante che il lavoratore continui a rispettare orari e compiti previsti dal suo contratto durante tutto il periodo di preavviso, a meno che non vi sia un accordo diverso con l’azienda.
In caso di malattia, infortunio o altre cause di sospensione del rapporto di lavoro, il decorso del preavviso può essere interrotto, riprendendo al termine dell’evento che ha causato la sospensione. Anche in questo caso, è essenziale verificare le disposizioni specifiche del proprio CCNL e discutere con il datore di lavoro eventuali situazioni particolari che potrebbero influenzare la durata del preavviso.
Cosa succede se ci si licenzia senza preavviso
Dimettersi senza rispettare il periodo di preavviso stabilito dal CCNL può avere conseguenze economiche significative. In caso di licenziamento senza preavviso, il lavoratore è tenuto a corrispondere al datore di lavoro un’indennità sostitutiva pari alla retribuzione che avrebbe percepito se avesse lavorato durante il periodo di preavviso. Questa somma viene trattenuta direttamente dall’ultima busta paga, riducendo così l’importo finale spettante al dipendente.
=> Preavviso nel contratto determinato: dimissioni e penalità
Inoltre, il licenziamento senza preavviso può compromettere i rapporti con l’ex datore di lavoro, con ripercussioni sulla reputazione professionale del lavoratore. Per questo motivo, è sempre consigliabile rispettare il preavviso o, in alternativa, negoziare un accordo con l’azienda che consenta di ridurre o eliminare l’obbligo del preavviso, evitando così di incorrere in penalità economiche.
Un’altra possibilità è chiedere alla futura azienda di coprire la cifra dovuta per il mancato preavviso al precedente datore di lavoro.
Licenziamento: cosa cambia in caso di tempo determinato
In caso di occupazione a tempo determinato, non è previsto un periodo di preavviso, poiché i contratti a termine hanno una data di scadenza prestabilita. Dimissioni anticipate sono ammesse solo per giusta causa o durante il periodo di prova, ma qualora il lavoratore si dimettesse senza motivo, potrebbe incorrere nell’obbligo di risarcire l’azienda. Questo non preclude, tuttavia, la possibilità che il datore di lavoro e il dipendente possano accordarsi per concludere anticipatamente il contratto a termine. In tali casi, non è richiesto alcun risarcimento.
In conclusione, capire questi aspetti non solo facilita il processo di dimissioni, ma aiuta anche a mantenere un buon rapporto con l’ex datore di lavoro e a evitare problemi legali o economici. Inoltre, sapere esattamente cosa aspettarsi in termini di tempi e obblighi da rispettare può rendere la transizione verso un nuovo lavoro più fluida e meno stressante.