La Legge di Bilancio 2025 sarà impostata nell’ambito del piano di rientro dell’Italia dalla procedura d’infrazione UE per deficit eccessivo, con margini troppo stretti per accogliere una riforma pensioni.
Lo ha spiegato il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti durante un question time alla Camera, durante il quale ha affrontato diverse tematiche legate alla prossima manovra economica.
Non intendo rinnegare la giusta aspettativa di pensionamento anticipato, ma qualsiasi misura sulle pensioni quest’anno va rapportata agli stretti margini di bilancio.
La nuova governance europea, peraltro, «ha introdotto esplicitamente la questione dell’aging della popolazione, che non è semplicemente una questione pensionistica ma anche e soprattutto demografica, legata al tasso di natalità». Con precise conseguenze sulle politiche previdenziali.
Manovra 2025, prime indicazioni
La procedura per deficit eccessivo e la necessità di mettere a punto un piano di contenimento con l’Europa (previsto per settembre), rendono più complicata del solito a predisposizione della prossima manovra. Restano però dei punti fermi. A partire dal taglio del cuneo fiscale, che quindi sarà prorogato.
L’Esecutivo ha già chiarito l’intenzione di proseguire anche sul fronte della riforma IRPEF. Al momento la riduzione degli scaglioni da quattro a tre, con l’accorpamento dei primi due, è previsto per il solo 2024, quindi in mancanza di proroghe o nuove norme l’anno porssimo si tornerebbe ai precedenti scaglioni IRPEF. Un’ipotesi evidentemente improbabile, e comunque già esclusa anche dal Governo.
Sulle altre riforme non ci sono invece grossi margini di manovra.
Le considerazioni di Giorgetti sulla riforma pensioni
L’elemento di novità è rappresentato dal riferimento al cambio di prospettiva sulla riforma pensioni. Invece di perorarne la causa, secondo il ministro, «sarebbe il caso di incominciare a parlare molto più spesso di quello che è il trend demografico del Paese. Nessun sistema pensionistico è sostenibile in un quadro demografico come quello attuale».
Una dichiarazione che pare allontanare le ipotesi di maggiore flessibilità in uscita rispetto ai requisiti Fornero per la pensione.
Seconda considerazione di Giorgetti: «il tasso di crescita della spesa pensionistica fa anche riferimento all’adeguamento sostanzioso che le pensioni hanno ottenuto in relazione al tasso di inflazione, che ha garantito fino a cinque volte il trattamento minimo, il pieno recupero dell’inflazione».
Parole che sembrano ribadire l’impossibilità di mettere mano a riforme pensioni al’insegna della flessibilità. Ecco perchè Giorgetti non sembra voler intaccare le attuali regole sulle pensioni anticipate.
Certo, la Manovra dovrà porsi il problema degli strumenti di flessibilità in uscita attualmente in scadenza a fine anno: Quota 103, Opzione Donna, APE Sociale. Andranno prorogati o aboliti. E bisogna ancora capire se ci sarà spazio per farlo senza nuove restrizioni.