La settimana corta sembra piacere sia alle aziende sia ai lavoratori. L’ultimo esperimento di successo in Europa è stato appena portato a termine in Portogallo, dove per sei mesi oltre mille lavoratori di 41 aziende hanno lavorato 4 giorni a settimana.
Ma non mancano esempi che vanno in direzione contraria, come quello della Grecia che per legge ha allungato la settimana lavorativa a 6 giorni.
In Italia ci sono tre proposte legislative in discussione in Parlamento sulla settimana corta, e molte aziende stanno già autonomamente applicando un orario ridotto rispetto alle classiche 40 ore settimanali, con la settimana corta che sta ormai entrando nella contrattazione collettiva.
Vediamo nel dettaglio quali sono i vantaggi e gli svantaggi emersi nei casi pratici di applicazione e come si sta sviluppando il dibattito.
Settimana corta: lo studio in Portogallo
Il recente studio portoghese è di stampo governativo: avviato nel 2023, è stato portato avanti dal ministero del Lavoro con la collaborazione di due economisti, Pedro Gomes, docente dell’università Birkbeck di Londra, e Rita Fontainha, che insegna Gestione strategica delle risorse umane presso la Henley Business School dell’Università di Reading.
Il progetto è durato sei mesi e ha coinvolto 41 aziende di tutti i settori di appartenenza, per oltre mille lavoratori. Sono state selezionate realtà che non avevano mai sperimentato riduzioni di orario a parità di salario e che non prevedevano già forme di flessibilità, in modo che i risultati misurassero una reale trasformazione.
Le imprese coinvolte hanno applicato diverse forme di settimana corta: il venerdì libero, oppure un giorno libero a rotazione. Anche la riduzione dell’orario non è stata omegenea: alcune lo hanno portato da 40 a 36 ore settimanali, altre a 34 o 32 ore. La scelta più frequente è stata quella di fare una settimana di quattro giorni e una di cinque giorni.
In alcuni contesti è stato più semplice, mentre negli uffici in cui si lavora a turni o bisogna garantire una presenza fisica in determinati orari, l’implementazione è più complessa.
La metà delle aziende ha continuato ad applicare i 4 giorni lavorativi anche dopo la fase di studio, nonostante un contesto di regole ritenuto non adeguato. Da qui una prima riflessione: meglio partire dalle grandi aziende, che hanno maggiore capacità finanziaria per le necessarie sperimentazioni, e soltanto dopo includere anche le PMI.
Pro e contro per aziende e lavoratori
Tra i dipendenti migliora il worklife balance, si riducono stanchezza e stress, aumenta la soddisfazione dovuta al maggior tempo libero. Risultato: il 92% dei lavoratori vorrebbe continuare.
Soddisfazione anche per le aziende, visto che dall’esperimento è emerso che la settimana corta aumenta la produttività perché migliora il livello delle prestazioni dei lavoratori, fidelizza i dipendenti e quindi riduce il turnover.
Di fatto, oltre la metà delle imprese ha deciso di mantenere la settimana lavorativa. Tra i fattori frenanti c’è la mancanza di regole di riferimento.
Altri casi di sperimentazione in Europa
La sperimentazione portoghese non è l’unica. L’Islanda aveva portato avanti un progetto pilota fra il 2015 e il 2019. Anche la Svezia aveva fatto un tentativo negli stessi anni, pur con risultati non ritenuti soddisfacenti (al contrario di quelli islandesi).
In Gran Bretagna, sperimentazione nel 2022, promossa dalla ONG “4 Day Week Global” e dal thinktank “Autonomy” sul futuro del lavoro (che aveva seguito anche il progetto islandese), in collaborazione con le università di Oxford e Cambridge e del Boston College.
Ci sono anche altri paesi europei in cui sono stati sperimentati progetti pilota di settimana corta: oltre a quelli già citati, Spagna, Germania, Finlandia, Belgio.
La settimana lunga in Grecia
Il modello opposto è quello della Greciam che ha approvato una legge sulla settimana da sei giorni lavorativi. Le aziende possono stipulare contratti che prevedono otto ore di lavoro in più alla settimana, pagando il sesto giorno supplementare il 40% in più. L’obiettivo dichiarato del Governo sarebbe quello di far emergere gli straordinari spesso pagati in nero e di alimentare la crescita economica.
Si può sottolineare come questi esperimenti, di segno opposto, provengano da Governi politicamente distanti: il progetto portoghese è stato avviato da un esecutivo progressista (l’ormai ex Governo guidato da Antonio Costa), in Grecia invece c’è un governo conservatore, guidato da Kyriakos Mitsotakis.
Le proposte di legge in Italia
Anche in Italia le proposte parlamentari di introduzione della settimana corta sono state presentate dalle opposizioni di centrosinistra (ci sono tre diversi testi, di Pd, M5s e Alleanza Verdi Sinistra). Propongono soluzioni un po’ diverse fra loro. AVS e Movimento 5 Stelle sono a favore di una riduzione dell’orario di lavoro settimanale rispettivamente a 32 e 36 ore, il PD individua invece la contrattazione collettiva come strumento per arrivare allo stesso risultato. Non si esclude che alla fine, come già successo con la legge sul salario minimo, si arrivi a una proposta unitaria.
Settimana corta per legge?
L’esperimento portoghese pone, in sede di conclusioni, il problema dell’opportunità o meno di legiferare in materia di settimana corta. E contiene una serie di considerazioni interessanti.
Nell’eventuale implementazione di regole, lo studio consiglia di tutelare adeguatamente le PMI, che hanno meno personale e di conseguenza fanno più fatica a ridurre l’orario. Viceversa, le grandi imprese hanno più strumenti per fare sperimentazioni e mettere in pratica cambiamenti. E quindi le novità andrebbero introdotte gradualmente, e partendo appunto dalle grandi imprese.
Per quanto riguarda le diverse forme di orario ridotto sperimentate, il report segnala che le decisioni andrebbero prese sulla base delle esperienze degli anni precedenti.
La settimana di 35 ore sembra più adatta a una settimana lavorativa di cinque giorni con un orario di sette ore al giorno, ritenuta meno trasformativa rispetto invece a una settimana di quattro giorni, che si adatta meglio a periodi di 36, 34 o, idealmente, 32 ore settimanali.
Infine, viene sottolineata l’opportunità di intervenire in sede di legislazione europea. Il Portogallo, si legge nelle conclusioni, potrebbe intraprendere iniziative nell’ambito della Direttiva sull’orario di lavoro dell’Unione Europea. Fra l’altro, lo ricordiamo, Antonio Costa, ovvero il capo del Governo portoghese che ha attuato al sperimentazione, è stata appena nominato presidnete del Consiglio Europeo.