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Confimprese: il Retail sposa la Sostenibilità

di Noemi Ricci

27 Giugno 2024 11:03

Il retail italiano adotta pratiche sostenibili per ridurre sprechi energetici e migliorare l'immagine del brand, con ampio consenso di aziende e consumatori.

Il commercio al dettaglio sta abbracciando la sostenibilità come parte integrante delle proprie strategie operative. E’ quanto emerge dai dati della ricerca Trend di sostenibilità nel retail, a cura del Centro Studi di Confimprese e basata su una survey in materia condotta presso le aziende (elaborata dal partner Global Strategy) ed una seconda indagine condotta presso i consumatori (elaborata dal partner MBS Consulting by Gruppo Cerved).

In base alle rilevazioni, l’adozione di pratiche sostenibili non solo riduce gli sprechi energetici ma migliora anche l’immagine del brand agli occhi dei consumatori, con il 70% degli intervistati che considera la sostenibilità un fattore chiave nelle proprie decisioni d’acquisto.

L’analisi delle evidenze mostra come le aziende di abbigliamento e ristorazione abbiano come priorità l’efficientamento dei punti vendita e l’implementazione di attività di economia circolare, mentre le aziende del settore retail non food puntano alla riduzione dell’inquinamento.

I consumatori, dal canto loro, vedono la riduzione delle emissioni dirette e indirette come il primo campo d’intervento per le aziende, seguito dalla realizzazione di norme per ridurre l’inquinamento e dall’economia circolare.

Secondo un recente rapporto redatto da PwC per Confimprese sulla regolamentazione del mercato retail, inoltre, emerge chiaramente il ruolo di catalizzatore di best practices in materia di ESG che può svolgere l’Associazione delle imprese del commercio.

La campagna: “Siamo aperti al risparmio energetico”

Nel contesto del recente convegno “Retail & Sostenibilità”, è stata presentata l’iniziativa “Siamo aperti al risparmio energetico“, che promuove la chiusura delle porte dei negozi durante l’orario di apertura per ridurre gli sprechi energetici.

Questa iniziativa, supportata dal Comune di Milano e dal Ministero dell’Ambiente, ha trovato un forte consenso sia tra i retailer che tra i consumatori, con il 58% di questi ultimi che non la vede come un deterrente per lo shopping, perché consapevole dello spreco energetico causato dalle porte aperte degli esercizi commerciali.

Le priorità delle aziende

Il rispetto di standard di sostenibilità è visto come un miglioramento del posizionamento del brand dal 90% delle aziende, mentre il 66% dei consumatori ritiene fondamentale il profilo di sostenibilità di un marchio. La sostenibilità non è solo una questione di responsabilità ambientale, ma anche un fattore critico per il successo a lungo termine delle aziende nel mercato odierno.

L’Osservatorio Consumi Confimprese-Jakala ha evidenziato un forte impegno del settore retail verso la sostenibilità.

Tra aziende del settore Ristorazione (38%), Abbigliamento & Accessori (34%) e altri settori (28%) tra cui Salute e Benessere, Casa ed Entertainment, il retail sta già integrando pratiche sostenibili. Questo, non solo per l’ambiente, ma anche per rispondere alle aspettative dei consumatori, con un focus crescente sulla comunicazione digitale e la rendicontazione trasparente.

La sostenibilità si rendiconta

Circa il 60% delle aziende rispondenti dichiara di rendicontare le proprie attività di sostenibilità. Tra queste, oltre il 65% utilizza un report di sostenibilità volontario redatto secondo standard internazionali. Nel settore Abbigliamento & Accessori, il 100% delle aziende adotta questa pratica, mentre nel settore Ristorazione e Altro Retail la percentuale scende rispettivamente al 40% e 57%.

Comunicazione delle attività ESG

La comunicazione delle attività di sostenibilità avviene prevalentemente attraverso canali digitali: il 78% delle aziende utilizza il sito aziendale e il 75% i social network. Solo il 6% delle aziende non effettua ancora alcuna attività di comunicazione in merito alla sostenibilità.

Ancora indietro sulle Certificazioni

Nonostante la crescente attenzione verso la sostenibilità, i tre quarti delle aziende intervistate non possiede ancora una certificazione di gender equality e quasi l’80% non ha effettuato il calcolo delle emissioni secondo lo “Scope 3“, che include le emissioni di gas a effetto serra generate dalla catena del valore.

Il podio degli obiettivi green

Le aziende si concentrano su diversi obiettivi per ridurre il proprio impatto ambientale:

  1. Efficientamento dei punti vendita (44% del campione)
  2. Riduzione dell’inquinamento generato (31%) e realizzazione di misure di economia circolare (31%)
  3. Introduzione di misure per ridurre e ottimizzare l’uso delle risorse (22%)

Per quanto riguarda i dipendenti, gli obiettivi principali sono assicurare condizioni di lavoro eque su salari e ore di lavoro (41%) e offrire opportunità di formazione e valorizzazione del personale (33%).

Investimenti in sostenibilità

Gli investimenti in sostenibilità per il 2023 si sono concentrati nello sviluppo di prodotti sostenibili per il settore Abbigliamento & Accessori e nell’implementazione di iniziative verso i dipendenti per Ristorazione e Altro Retail. Per il 2024, metà delle aziende prevede di aumentare gli investimenti rispetto al 2023, con particolare enfasi nel settore Ristorazione.

Il punto di vista dei clienti

Circa il 70% delle aziende ritiene che i clienti considerino la sostenibilità un fattore chiave nelle loro decisioni d’acquisto, nonostante i costi più elevati associati alla produzione di prodotti sostenibili. Inoltre, il 65% degli intervistati ha dichiarato che i clienti sono diventati più attenti ai temi della sostenibilità nell’ultimo anno.

Impatto sul posizionamento del brand

Oltre il 90% delle aziende ritiene che l’adozione di standard di sostenibilità sia necessaria per migliorare il posizionamento del brand e avere un impatto positivo sulle vendite. Tuttavia, il 56% delle aziende non monitora ancora la propria quota di mercato, evidenziando un’area di miglioramento per il futuro.

Il ruolo di Confimprese

La maggioranza delle aziende (80%) sembra apprezzare gli sforzi di Confimprese sulla sostenibilità e il 70% vorrebbe che venissero diffusi all’interno dell’azienda i contenuti video sull’argomento prodotti da Confimprese per stimolare una maggiore consapevolezza sull’importanza della sostenibilità.

Di diverso avviso circa la metà (45%) delle aziende del settore retail, che non li diffonderebbe, mentre il progetto è appoggiato da quasi tutte le aziende del settore della ristorazione.

Le priorità dei consumatori

L’indagine “Termometro Famiglie” condotta nel marzo 2024 da Innovation Team, parte del Gruppo Cerved, esplora come le famiglie italiane stiano affrontando l’impatto economico della pandemia di COVID-19, inflazione e tensioni geopolitiche. Questa survey è parte di un piano di ricerca periodica avviato nel marzo 2020 e mira a monitorare l’impatto economico sulle famiglie e la loro percezione del futuro.

Basata su interviste effettuate a 602 famiglie, l’ultima versione dell’indagine rivela un forte impegno verso la sostenibilità ambientale. Nonostante difficoltà economiche dovute all’inflazione e alla situazione geopolitica, una parte significativa delle famiglie italiane mostra una forte coscienza ambientale. Circa il 34,5% privilegia la limitazione delle fonti di inquinamento, mentre il 32,8% dà la priorità alla riduzione degli sprechi attraverso un consumo consapevole.

In linea con l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite per la prosperità globale e il benessere, il 58,6% dei rispondenti ritiene che le aziende abbiano un ruolo cruciale, insieme ai cittadini e al Governo, nel mitigare gli impatti ambientali. Dai consumatori, il settore agricolo viene visto come il più sostenibile, mentre i settori della moda e dell’abbigliamento come i meno sostenibili.

Le famiglie sono sempre più influenzate dalla sostenibilità dei marchi nella scelta d’acquisto. Il 52% dei consumatori è sempre più attento all’impatto ambientale dei loro acquisti e cerca prodotti sostenibili e per il 17,7%, questo è un criterio critico e, nonostante i costi, il 63,1% dichiara comunque di comprare spesso o sempre sostenibile. Inoltre, di fronte a un danno reputazionale legato alla sostenibilità, aumenta la percentuale di famiglie (23,2%) che prenderebbero in considerazione l’acquisto di un prodotto concorrente.

Tuttavia, il costo rimane un fattore determinante, con il 68% delle famiglie che ritiene i prodotti sostenibili più costosi. Il 40% delle famiglie è disposto a pagare un prezzo leggermente più alto per prodotti sostenibili, mentre il 60% non può permettersi questo tipo di spesa aggiuntiva.

Si evidenzia una carenza di informazioni: sebbene i siti specializzati siano una fonte di riferimento, il passaparola di amici e conoscenti rimane ancora molto influente. Il 62,9% dei consumatori ritiene che le etichette sui prodotti potrebbero essere migliorate, il 57,1% pensa che la comunicazione da parte delle aziende possa essere sviluppata meglio e il 45,4% dichiara che il personale nei negozi non è sufficientemente formato.

La situazione geopolitica in corso e l’inflazione hanno avuto un grave impatto sui redditi familiari, con il 76,8% che riporta effetti negativi. Questa percentuale è aumentata rispetto agli anni precedenti e indica un deterioramento significativo delle condizioni economiche per molte famiglie. Solo il 23,2% delle famiglie non ha risentito di tali impatti o li ha subiti in maniera marginale.

Sebbene il 32,4% delle famiglie ritenga che la propria situazione economica sia peggiorata negli ultimi tre mesi, si osserva un leggero miglioramento rispetto ai report precedenti, ad esempio rispetto al 37,2% di novembre 2023. Tuttavia, una parte significativa delle famiglie continua a percepire una situazione economica difficile. Il 28,6% delle famiglie percepisce un miglioramento, mentre il 39% ritiene che la situazione sia rimasta stabile.

Si osserva una stabilizzazione nelle abitudini dei consumatori, con il 59,7% che riduce i propri acquisti a causa dell’inflazione, segnando un leggero calo rispetto ai dati precedenti. Se da una parte aumenta l’ottimismo tra le famiglie, con il 28,8% che affronterà i prossimi mesi con fiducia, in aumento rispetto ai sondaggi precedenti, c’è una grande percentuale (71,2%) che prevede ancora tempi difficili e questo avrà indubbi effetti anche sui consumi.

Le famiglie italiane stanno infatti adattando i loro comportamenti di spesa e risparmio in risposta alle difficoltà economiche, riducendo le spese non essenziali e cercando di risparmiare di più sulle spese per beni non necessari e tempo libero.

Regolamentazione del mercato retail: sfide e opportunità

Il mercato retail italiano sta vivendo una trasformazione significativa, guidata dall’evoluzione delle preferenze dei consumatori e dalla crescente competizione delle piattaforme online. PwC e Confimprese – che rappresenta un pilastro fondamentale del sistema economico italiano, contribuendo con un fatturato di circa 74 miliardi di euro e impiegando oltre 800.000 addetti in 90.000 punti vendita – hanno presentato un’analisi approfondita dello stato attuale del mercato retail, evidenziando le sfide e le opportunità per i retailer fisici.

Competizione online e impatti sul settore

Il modello di business dei retailer fisici (Brick and Mortar) sta subendo una pressione significativa da quelli che operano esclusivamente online (Pure Online Players). Il settore dell’abbigliamento è emblematico di questa dinamica, con un aumento della penetrazione online che ha portato alla chiusura di numerosi negozi fisici. Tra il 2018 e il 2023, in Italia hanno chiuso oltre 16.000 negozi di abbigliamento, causando la perdita di 13.000 posti di lavoro. Negli ultimi 10 anni hanno chiuso oltre 70mila negozi di abbigliamento-accessori, con un saldo negativo tra aperture e chiusure (-34.219).

Le aree di intervento: regolamentazione e fondi per lo sviluppo

Per proteggere e sostenere i retailer fisici, PwC e Confimprese suggeriscono due aree di intervento principali:

  • una regolamentazione a tutela della competitività dei retailer con presenza fisica rispetto ai player online;
  • fondi per lo sviluppo di un modello più sostenibile e circolare per il retail fisico.

Regolamentazione

I retailer fisici sono sottoposti a una stretta regolamentazione che li penalizza rispetto ai Pure Players. Gli aspetti chiave della regolamentazione italiana che penalizzano i retailer con presenza fisica sono legati alle regole per i saldi e le vendite promozionali: attualmente, i saldi sono regolamentati con periodi definiti dalle Regioni, mentre le vendite promozionali devono essere limitate nel tempo, con limitazioni nei periodi antecedenti le vendite di fine stagione.

Una proposta di liberalizzazione simile a quella del Regno Unito potrebbe eliminare le restrizioni temporali, richiedendo solo la trasparenza del prezzo al consumatore: qualsiasi sconto deve essere calcolato sul prezzo più basso nei 30 giorni precedenti.

Fondi per lo sviluppo

L’accesso ai fondi PNRR, con oltre 194 miliardi di euro disponibili, consentirebbe ai retailer fisici di avviare progetti di innovazione e sostenibilità, migliorando il decoro urbano e il tessuto sociale tramite la riqualificazione energetica degli immobili, la promozione della sostenibilità e dei modelli di economia circolare.

Impatto potenziale del supporto statale

Un maggiore supporto regolamentare e finanziario potrebbe portare a numerosi benefici per il sistema retail italiano, tra cui:

  • Occupazione: aumento dei posti di lavoro data la struttura più labour-intensive dei retailer fisici rispetto a quella capital intensive dei Pure Online Players.
  • Gettito fiscale: favorire una maggiore competitività dei retailer tradizionali porterebbe a un incremento delle entrate fiscali.
  • Sostenibilità e circolarità: miglioramento della sostenibilità e dell’efficienza energetica attraverso investimenti mirati. Qui è proprio la presenza fisica sul territorio a rappresentare un fattore chiave per ridurre la catena di distribuzione e per promuovere circolarità. I negozi fisici si possono ad esempio usare come punto di raccolta, oltre a svolgere un ruolo chiave nella riqualificazione degli immobili.
  • Presidio internazionale: miglioramento del posizionamento internazionale grazie al rafforzamento dei retailer italiani più strutturati.
  • Re-urbanizzazione: grazie allo spostamento di occupati da aree periferiche industriali a centri urbani.
  • Esternalità positive: l’accelerazione della crescita retail genererebbe un effetto domino positivo su altri settori adiacenti.