Il presidente del Comitato di indirizzo e vigilanza dell’INPS, Roberto Ghiselli, nei giorni scorsi – in un’audizione parlamentare sugli enti previdenziali – ha tracciato un quadro poco roseo del sistema, caratterizzato dal rischio di inadeguatezza delle future pensioni.
A politiche invariate, nel giro di dieci anni i conti dell’Istituto saranno in passivo. L’elemento che pesa maggiormente, come è facile intuire, è l’aumento dell’età della popolazione, che si risolve in un rapporto sempre meno virtuoso fra pensionati e lavoratori.
Pensioni sempre più costose in Italia
La spesa pensionistica nel 2023 è stata pari a 304 miliardi, con un incremento del 7,4% sull’anno precedente. Ma il punto chiave è rappresentato dalle proiezioni di medio periodo, in base alle quali la situazione patrimoniale nel 2032 è stimata a -45 miliardi di euro, con risultati di esercizio in continuo peggioramento.
Squilibrio tra lavoratori e pensionati
«Il tendenziale calo demografico già ora determina uno squilibrio notevole fra le coorti interessate o prossime al pensionamento, e quelle in ingresso nel mercato del lavoro, con una contrazione tendenzialmente crescente della popolazione attiva», sottolinea Ghiselli. «Il saldo positivo dei flussi migratori non è sufficiente a bilanciare il saldo negativo della dinamica naturale».
L’adeguatezza delle future prestazioni pensionistiche non a caso è fra gli elementi centrali della riforma previdenziale in cantiere.
Su questo fronte pesano fattori noti, che impattano soprattutto sulle nuove generazioni: la discontinuità nel lavoro e quindi nella contribuzione, bassi livelli di reddito, irregolarità nei rapporti di lavoro.
Per i vertici INPS, tuttavia, non è il caso di creare allarmismi prematuri: si tratta di valori previsionali di medio periodo già prudenzialmente valutati negli strumenti economico-finanziari dell’Istituto e in linea con le previsioni macroeconomiche della programmazione di bilancio dello Stato. E che vanno contestualizzati in uno scenario di medio e lungo periodo che potrebbe prendere forma solo in assenza di efficaci politiche di contrasto.
Servono tagli, riforma e politiche del lavoro
Da una parte, l’Istituto previdenziale sottolinea che si tratta di previsioni di lungo periodo che non incamerano l’impatto positivo atteso dalle politiche economiche in generale e dall’attesa riforma previdenziale in particolare.
Dall’altra si evidenziano alcuni fattori positivi già in atto, ad esempio in materia di allargamento della base contributiva sostenuta dalle politiche governative sul mercato del lavoro e di costante attenzione al contenimento della spesa pensionistica.
In vista, lo ricordiamo, c’è una riforma previdenziale di cui si parla da diversi anni ma che sostanzialmente viene costantemente rimandata, e che anche in questo 2024 non sembra destinata a vedere la luce.
Un appuntamento rilevante sarà rappresentato da una proposta di legge in preparazione da parte del CNEL, il consiglio nazionale dell’Economia e del Lavoro, attesa per il prossimo autunno ma con un primo step prima dell’estate.