Con l’ordinanza n. 12708 del 2024, la Cassazione ha stabilito che la crisi di liquidità derivante dai ritardi nei pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni non costituisce una “causa di forza maggiore” che possa escludere le sanzioni per il tardivo versamento delle imposte.
Secondo la Corte, la forza maggiore deve essere un evento anomalo e imprevedibile, causato da fattori esterni, e il ritardato incasso di crediti verso la PA non rientra in questa definizione, essendo un fenomeno ricorrente e prevedibile.
Tasse in ritardo per crisi di liquidità: ammissibile?
Il caso in esame riguardava una società che aveva impugnato una cartella di pagamento emessa a seguito del controllo automatizzato per sanzioni e interessi derivanti dal ritardato pagamento degli acconti IRES.
La società sosteneva che il ritardo nei pagamenti era dovuto all’inadempienza della PA, configurando così una situazione di forza maggiore che escludeva la responsabilità e, quindi, la richiesta di interessi e sanzioni.
La Commissione Tributaria Regionale (CTR), in linea con la Commissione Tributaria Provinciale (CTP), aveva accolto il ricorso della società, ritenendo illegittima la cartella di pagamento.
Tuttavia, l’Amministrazione finanziaria contestava questa decisione, sostenendo che la causa di forza maggiore deve essere un evento oggettivo e non collegato alla condotta del contribuente, che interrompa il nesso di causalità tra il mancato pagamento e la condotta stessa.
Cassazione: pagamenti PA tardivi non sono “forza maggiore”
La Corte di Cassazione, confermando precedenti orientamenti, ha accolto il ricorso dell’Amministrazione finanziaria, cassando la sentenza della CTR e rigettando il ricorso originario della contribuente. La Corte ha precisato che la forza maggiore, in ambito tributario, deve essere intesa secondo la sua accezione penalistica, ovvero come un evento imponderabile che annulla la capacità del soggetto di controllare i propri comportamenti, eliminando la coscienza e volontarietà della condotta.
Nel caso specifico, il ritardo nei pagamenti della PA è stato considerato non certo un evento imprevedibile ma piuttosto un fenomeno comune di cui qualunque imprenditore deve tenere conto nella gestione d’impresa, attraverso accantonamenti o altre misure finanziarie “alterntative” all’incasso delle fatture attese, come ad esempio la richiesta di mutui (o magari anche il factoring, ndr).
La Corte ha inoltre sottolineato che, in materia fiscale, la forza maggiore richiede sia un elemento oggettivo (circostanze anomale ed estranee al contribuente) sia un elemento soggettivo (l’obbligo del contribuente di adottare misure per mitigare le conseguenze dell’evento anomalo).
Entrambi gli elementi devono essere oggetto di un’accurata valutazione da parte del giudice, e non è possibile applicare automaticamente l’esimente della forza maggiore in caso di crisi di liquidità.
In conclusione, la Corte di Cassazione ha ribadito che il ritardo nei pagamenti da parte della PA non costituisce forza maggiore tale che possa giustificare un mancato versamento d’imposta né che possa escludere le sanzioni per il tardivo versamento delle imposte stesse.
Le imprese che vantano crediti verso la PA devono quindi essere preparati a gestire tali situazioni prevedibili e adottare misure adeguate per evitare sanzioni fiscali.