Riforma costituzionale, primo sì sullo stop ai senatori a vita

di Barbara Weisz

29 Maggio 2024 17:20

Riforma costituzionale: passa in Senato l'eliminazione dei senatori vita e il raddoppio delle votazioni a maggioranza qualificata per l'elezione del Capo dello Stato.

Prosegue l’iter parlamentare della legge costituzionale sul premierato.

Dopo aver terminato l’esame in Commissione, il testo è in Aula al Senato, dove sono state approvati due articoli: la norma che abroga la figura dei senatori a vita e le modifiche alla procedura di elezioni del presidente della Repubblica.

A che punto è la riforma costituzionale

La riforma costituzionale è solo all’inizio: dovrà passare non solo anche alla Camera ma poi essere nuovamente votata da entrambi i rami del Parlamento. E, nel caso di approvazione con maggioranza semplice, essere sottoposta a referendum costituzionale.

La tabella di marcia prevede che l’esame dell’aula di Palazzo Madama termini entro il 18 giugno, per capire se le tempistiche verranno o meno rispettate bisogna attendere l’esito del dibattito che sta proseguendo in questi giorni sugli articoli successivi, che sono più complessi perché toccano il cuore della riforma, ovvero le norme sull’elezione diretta del presidente del Consiglio.

Detto questo, vediamo i due articoli che hanno passato il primo voto dell’aula di Palazzo Madama.

L’abrogazione dei senatori di vita

I senatori a vita vengono cancellati abrogando il comma 2 dell’articolo 59 della Costituzione, in base al quale

il Presidente della Repubblica può nominare senatori a vita cittadini che hanno illustrato la patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario. Il numero complessivo dei senatori in carica nominati dal presidente della repubblica non può in alcun caso essere superiore a cinque.

Restano in carica gli attuali senatori a vita, ovvero Mario Monti, Elena Cattaneo, Renzo Piano, Carlo Rubbia e Liliana Segre.

La riforma riguarda esclusivamente i senatori a vita che vengono nominati, non gli ex presidenti della Repubblica che di diritto, terminato il mandato al Quirinale, assumono questa carica.

I 49 senatori a vita della storia della Repubblica

Nella storia della Repubblica si sono alternati 49 senatori a vita, di cui 11 ex presidenti e gli altri 38 nominati dal Colle.

Fra gli altri, ricordiamo Arturo Toscanini, Eugenio Montale, Giovanni Spadolini, Gianni Agnelli, Eduardo De Filippo, Rita Levi Montalcini, seconda donna a ricevere questo incarico dopo Camilla Ravera.

Interessante la questione della doppia interpretazione dell’articolo 59 della Costituzione sopra esposto. Due presidenti, ovvero Sandro Petrini e Francesco Cossiga, ritennero che il dettato costituzionale consentisse a ciascun presidente di nominare cinque senatori a vita, mentre tutti gli altri presidenti hanno considerato il limite riferito al numero massimo di senatori a vita di nomina presidenziale possibili in Parlamento.

Il risultato è che solo negli anni fra il 1994 e il 2000 sono stati in carica contemporaneamente più di cinque senatori a vita di nomina presidenziale.

La modifica all’elezione del presidente della Repubblica

Sull’elezione del Capo dello Stato, è stato approvato un emendamento che non era originariamente inserito nel testo del Governo, ma è stato aggiunto nel corso dell’esame della commissione Affari Costituzionali.

Prevede che l’elezione del presidente della Repubblica possa avvenire a maggioranza assoluta solo dopo il sesto scrutinio, e non più dopo il terzo. La modifica riguarda il terzo comma dell’articolo 83, attualmente così formulato:

L’elezione del Presidente della Repubblica ha luogo per scrutinio segreto a maggioranza di due terzi dell’assemblea. Dopo il terzo scrutinio è sufficiente la maggioranza assoluta.

Dunque, in base alla modifica approvata, sarà necessaria la maggioranza dei due terzi dell’assemblea per sei scrutini.

Come detto prosegue ora il dibattito in Senato.

La riforma, lo ricordiamo, prevede l’elezione diretta del capo del Governo, con clausole anti-ribaltone che non consentono la formazione di nuove maggioranze in Parlamento. Se l’esecutivo cade, il Presidente della Repubblica può solo dare un nuovo incarico al premier eletto, oppure a un altro parlamentare della maggioranza per proseguire l’attuazione del programma di Governo.