Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto PNRR sono definitive le regole sui nuovi incentivi 5.0 per le imprese che investono in macchinari e software abilitanti la transizione energetica.
Si tratta di un credito d’imposta dal 35% al 45%, che cresce proporzionalmente alla riduzione dei consumi energetici, e si riduce invece con l’aumento dell’investimento.
Incentivi Transizione 5.o
I nuovi incentivi sono contenuti nel DL n. 19/2024 (ultimo Decreto PNRR) convertito nella Legge n. 56/2024 , pubblicata in Gazzetta Ufficiale n.100 del 30 aprile 2024.
Rispetto al testo approvato in Consiglio dei Ministri nel febbraio scorso, ci sono alcune modifiche (all’articolo 38), come l’introduzione del costo massimo ammissibile per gli impianti di produzione di energia rinnovabile (fotovoltaici e sistemi di accumulo) e la semplificazione della domanda, senza più obbligo di certificazione energetica ex post.
Gli incentivi non sono ancora utilizzabili perché manca il decreto attuativo, atteso a giorni. Il provvedimento (del Ministero delle Imprese e del Made in Italy, di concerto con l’Economia) dovrà definire fra le altre cose i criteri per determinare il risparmio energetico, le procedure di utilizzo dei crediti d’imposta, le modalità del monitoraggio, i requisiti dei professionisti abilitati al rilascio delle certificazioni.
Quali sono i beni incentivati
Gli incentivi funzionano nel seguente modo. Si riferiscono all’acquisto di beni materiali e immateriali nuovi, strumentali all’attività d’impresa, interconnessi al sistema aziendale, che consentono una risparmio energetico pari almeno al 3 % o, in alternativa, al 5% dell’intero processo produttivo.
Sono ammessi tutti i macchinari e software già ricompresi nel credito d’imposta 4.0, elencati nell’allegato A e allegato B alla legge 232/2016, ai quali si aggiungono i seguenti investimenti:
- software, sistemi, piattaforme o applicazioni per l’intelligenza degli impianti che garantiscono il monitoraggio continuo e la visualizzazione dei consumi energetici e dell’energia autoprodotta e autoconsumata, o introducono meccanismi di efficienza energetica, attraverso la raccolta e l’elaborazione dei dati anche provenienti dalla sensoristica IoT di campo (Energy Dashboarding);
- software relativi alla gestione di impresa se acquistati unitamente ai software, ai sistemi o alle piattaforme di cui sopra;
- spese per la formazione sulle tecnologie rilevanti per la transizione digitale ed energetica dei processi produttivi: queste spese sono agevolabili nel limite del 10% degli investimenti effettuati, fino a un massimo di 300mila euro. Le attività formative devono essere erogate da soggetti esterni individuati con il decreto attuativo del MIMIT.
Infine, rientrano negli incentivi 5.0 i beni finalizzati all’autoproduzione di energia da fonti rinnovabili destinata all’autoconsumo, a eccezione delle biomasse, compresi gli impianti per lo stoccaggio dell’energia prodotta.
Gli impianti fotovoltaici devono avere le caratteristiche previste dal dl 181/2023, articolo 12, comma 1, lettere a, b, c. Quindi, essere prodotti all’interno delll’Unione Europea e avere un’efficienza a livello di modulo pari almeno al 21,5%, a livello di cella al 23,5%, oppure con moduli composti da celle bifacciali ad eterogiunzione di silicio o tandem l’efficienza di cella deve essere almeno pari al 24%. Negli ultimi due casi, concorrono a formare la base di calcolo del credito d’imposta per un importo pari, rispettivamente, al 120% e 140% del loro costo.
Investimenti esclusi dal Piano 5.0
Sono invece escluse le seguenti attività:
- direttamente connesse ai combustibili fossili;
- nell’ambito del sistema di scambio di quote di emissione dell’UE (ETS) che generano emissioni di gas a effetto serra previste non inferiori ai pertinenti parametri di riferimento;
- discariche di rifiuti, inceneritori e impianti di trattamento meccanico biologico;
- processi produttivi con un’elevata dose di sostanze inquinanti classificabili come rifiuti speciali pericolosi in base al regolamento UE 1357/2014, il cui smaltimento a lungo termine potrebbe causare un danno all’ambiente;
- investimenti in beni gratuitamente devolvibili delle imprese operanti in concessione e a tariffa nei settori dell’energia, dell’acqua, dei trasporti, delle infrastrutture, delle poste, delle telecomunicazioni, della raccolta e depurazione delle acque di scarico e della raccolta e smaltimento dei rifiuti.
Come funziona il credito d’imposta
Il credito d’imposta come detto varia a seconda del risparmio energetico conseguito e dell’entità dell’investimento. Il meccanismo va incontro alle PMI, riconoscendo un beneficio fiscale più alto per investimenti fino a 2,5 milioni di euro, che decresce invece sopra questa cifra. Ecco come funziona:
- risparmio energetico del 5%, oppure del 3% riferito all’intero sito produttivo: credito d’imposta del 35% fino a 2,5 milioni di euro, del 15% per la quota fra i 2,5 milioni di euro e i 10 milioni di euro, 5% per la parte fra 10 e 50 milioni di euro, limite massimo di costi ammissibili per impresa beneficiaria;
- riduzione dei consumi del 10%, oppure del 6% riferito alla struttura produttiva: credito d’imposta rispettivamente al 40, 20 e 10% per le tre fsace di investimento sopra riportate;
- riduzione dei consumi del 15% o, in alternativa, del 10% dell’intero impianto produttivo: 45%, 25% e 15%.
Tax credit su domanda al GSE
Contrariamente a quanto previsto per i crediti d’imposta 4.0, per questi benefici legati alla transizione green bisogna presentare domanda, anche perché sono riconosciuti solo fino a esaurimento delle risorse stanziate, pari a 6,3 miliardi di euro.
La domanda si presenta, con procedura telematica, al GSE (Gestore Servizi Energetici) che si occuperà anche del monitoraggio, in collaborazione con Ministero e Agenzia delle Entrate.
Bisogna presentare una serie di documenti, fra cui una certificazione ex ante sul risparmio energetico da conseguire e una ex post sull’effettiva realizzazione degli stessi. Queste certificazioni vanno rilasciate da valutatori indipendenti, con requisiti precisi da definire con decreto attuativo.
Su questo punto c’è un’agevolazione ulteriore per le PMI: le spese sostenute per le certificazioni sono riconosciute in aumento del credito d’imposta per un importo fino a 10mila euro.