La sorpresa forse più amara della Manovra 2024 al capitolo Pensioni – flessibilità in uscita a parte – riguarda alcune categorie di dipendenti pubblici ex INPDAP, per i quali scatta una decurtazione se hanno meno di 15 anni di contributi prima del 1996; va male anche alle pensioni oltre 10 volte il minimo, che avranno un’indicizzazione più bassa nel 2024; c’è infine una stretta sulle condizioni di accesso alla pensione anticipata contributiva a 64 anni.
Le uniche misure non restrittive riguardano la pensione futura dei contributivi puri, alla quale viene tolto il vincolo dell’assegno pari almeno a 1,5 volte il minimo e concesso il riscatto fino a 5 anni scoperti da contribuzione.
Vediamo con precisione come funzionano queste novità inserite nella Legge di Bilancio 2024.
Taglio pensioni future per alcuni exINPDAP
La nuova stretta inserita in Manovra 2024 sulle pensioni future (avranno un assegno più basso) dei dipendenti pubblici riguarda gli iscritti (ma solo se con meno di 15 anni di contributi al 31 dicembre 1995) alle seguenti gestioni confluite prima nell’INPDAP e poi nell’INPS:
- Cassa dipendenti di Enti locali (CPDEL),
- Cassa sanitari (CPS),
- Cassa insegnanti di asilo e scuole elementari parificate (CPI),
- Cassa ufficiali giudiziari, loro aiutanti e coadiutori (CPUG).
Nuovi coefficienti per il calcolo misto della pensione
Gli anni di contributi versati prima del 1996 sono valorizzati con il calcolo retributivo, mentre quelli successivi al 31 dicembre 1995 si conteggiano con il contributivo.
In base alla Manovra 2024, sulla quota retributiva inferiore a 15 anni degli iscritti alle suddette gestioni cambiano i coefficienti di rendimento, che diventano meno favorevoli.
Non solo: se applicando i nuovi coefficienti (che decrescono fino ad azzerarsi per chi ha più di 15 anni di contributi antecedenti al 1996) il nuovo calcolo dovesse essere più favorevole di quello attuale, si applicano le vecchie regole. In pratica, la modifica dei coefficienti non può comportare un trattamento pensionistico maggiore rispetto a quello determinato secondo la normativa precedente.
Si parla di decurtazioni che possono superare i 10mila euro per chi ha retribuzioni alte, 5-7mila euro per anno per chi guadagna 30mila euro.
Rivalutazione 2024 tagliata per le pensioni alte
Sull’indicizzazione delle pensioni prevista nel 2024 vengono confermate tutte le fasce di reddito e le relative aliquote di perequazione applicate nel 2023 tranne quelle che per i trattamenti più elevati, che invece subiscono il prossimo anno una ulteriore decurtazione.
Per questi assegni, la percentuale da applicare all’indice Istat di rivalutazione automatica delle pensioni, se di importo a partire da dieci volte il minimo, scende di dieci punti passando dal 32% al 22%.
Tabella aliquote di rivalutazione pensioni 2024
- 100%: pensioni fino a quattro volte il minimo (2mila 271 euro);
- 85%: fra quattro e cinque volte il minimo (da 2mila 272 a 2mila 839);
- 53%: fra cinque e sei volte il minimo (da 2mila 840 a 3mila 407);
- 47%: fra sei e otto volte il minimo (da 3mila 408 a 4mila 543);
- 37%: fra otto e dieci volte il minimo (da 4mila 454 a 5mila 679);
- 22%: sopra le dieci volte il minimo (sopra 5mila 680 euro).
NB: Queste aliquote vanno applicate all’indice di rivalutazione annua stabilito in base all’andamento dell’inflazione.
Pensione anticipata contributiva a ostacoli
Per la pensione anticipata contributiva, concessa a 64 anni di età con almeno 20 anni di contributi, dal 2024 bisognerà anche aver maturato un importo dell’assegno pari ad almeno tre volte l’assegno sociale, mentre l’attuale soglia di 2,8 volte resta per le donne con figli e scende a 2,6 volte in presenza di almeno due figli.
Ulteriori restrizioni: l’importo non può superare cinque volte il minimo; è introdotta una finestra mobile di tre mesi.
Pensione dei contributivi puri senza paletti
Per i cosiddetti “contributivi puri”, cioè coloro che hanno iniziato a versare i contributi a partire dal 1° gennaio 1996, si abolisce il vincolo che rendeva necessario aver maturato un assegno pari ad almeno 1,5 volte l’assegno sociale per l’accesso alla pensione di vecchiaia a 67 anni con almeno 20 anni di contributi. Quindi, chi ha iniziato a lavorare dal 1996, quando compirà l’età per la pensione di vecchiaia, in presenza di almeno 20 anni di contributi potrà andare in pensione anche se incasserà un assegno mensile di scarso valore.
Nuovo riscatto contributi scoperti
Per il biennio 2024-2025, il ddl di Bilancio coloro che non hanno contributi antecedenti al 1996, possono riscattare – in tutto o in parte, anche per periodi non continuativi – fino a un massimo di cinque anni di contributi antecedenti al primo gennaio 2024 e compresi tra l’anno del primo e quello dell’ultimo contributo accreditato.
Sono riscattabili solo periodi non soggetti a obbligo contributivo e non coperti da contribuzione comunque versata e accreditata presso forme di previdenza obbligatoria, parificandoli a periodi di lavoro.
Per i lavoratori del privato, l’onere di riscatto può essere sostenuto anche dal datore di lavoro, destinando a tal fin, i premi di produzione spettanti al lavoratore.