Leggo che il Dlgs sulla fiscalità internazionale include norme legate alla residenza fiscale dei lavoratori. Qual è l’impatto di tale norme, in termini di benefici fiscali, per i lavori (non ricercatori) che intendono rientrare in Italia nel 2024, dopo anni passati all’estero?
Nel decreto legislativo (attuativo della riforma fiscale) approvato il 16 ottobre sono contenute nuove agevolazioni per i cosiddetti lavoratori impatriati, che cioè tornano in Italia dopo essersi in precedenza trasferiti all’estero, riportando in Patria la residenza fiscale.
Sono previsti agevolazioni fiscali sia sui redditi delle persone fisiche sia su quelli d’impresa.
- Per lavoratori dipendenti e autonomi altamente qualificati e specializzati, si introduce una tassazione al 50% fino a un tetto di reddito di 600mila euro.
- Per le attività d’impresa e l’esercizio di arti o professioni in forma associata, è prevista la non imponibilità del 50% dei redditi o del valore della produzione ai fini IRAP.
In entrambi i casi il regime agevolato dura cinque anni: in caso contrario, bisogna restituire le agevolazioni con gli interessi.
Ci sono poi requisiti precisi: per utilizzare l’incentivo, nel caso delle persone fisiche, non bisogna avere avuto la residenza in Italia nei tre periodi d’imposta precedenti. Nel caso delle attività economiche, sono escluse quelle esercitate nel territorio dello Stato nei 24 mesi antecedenti il trasferimento.
Queste agevolazioni si aggiungono a quelle già previste, che restano dunque in vigore e che riservate a ricercatori, professori universitari e lavoratori dello sport.
Il provvedimento introduce modifiche alla disciplina della fiscalità internazionale, chiarendo in pratica quando bisogna pagare le tasse in Italia. Per le persone fisiche, ad esempio, regolamenta i casi di smart working alle dipendenze di società estere.
In generale, si introduce un concetto di domicilio in cui diventa preponderante anche la presenza fisica nel territorio dello Stato, risolvendo quindi alcune rigidità normative legate al solo criterio civilistico. In pratica, ai fini fiscali, prevale il luogo in cui effettivamente la persone fisica abita per la maggior parte del periodo d’imposta.
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Chiedi all'espertoRisposta di Barbara Weisz