Alla fine la proposta di legge delle opposizioni sul salario minimo arriva in Aula alla Camera, giovedì 27 luglio, ma è probabile che il dibattito sarà rinviato a settembre.
La maggioranza ha rinunciato all’emendamento che ne chiedeva la soppressione e il Governo si è detto aperto al dialogo, ma non significa che ci sia convergenza verso l’ipotesi di un salario minimo per legge, anzi: la posizione di maggioranza resta orientata alla contrattazione collettiva.
La premier, Giorgia Meloni, ribadisce che l’applicazione del salario minimo per legge «rischia di creare dei problemi», e ribadisce al posizione della maggioranza concentrata sul rafforzamento della contrattazione collettiva. Ma apre anche al dialogo, dichiarando disponibilità a un «confronto con le opposizioni».
Salario Minimo: ddl in Aula il 27 luglio
La proposta di legge delle opposizioni prevede, tra le altre misure, un salario minimo di 9 euro lordi l’ora come base minima per tutti i CCNL. Dopo la presentazione del ddl in Commissione Lavoro alla Camera, la maggioranza di Governo aveva presentato un emendamento per la sua soppressione, poi ritirato a fronte delle polemiche che aveva sollevato tale chiusura. In base alle anticipazioni, però, l’orientamento sarebbe quello di rinviare la discussione parlamentare a dopo l’estate.
Le proposte alternative al Salario Minimo
Nel frattempo spuntano nuove ipotesi: per esempio, una nuova proposta di Forza Italia, partito della maggioranza di Governo, che rappresenterebbe una sorta di mediazione fra le due posizioni. Invece del salario minimo, si propone l’applicazione della contrattazione nazionale anche ai settori che attualmente non ne sono coperti ricorrendo al CCNL più rilevante per il settore di riferimento e con agevolazioni per i redditi fino a 25mila euro (detassazione tredicesima e straordinari).
Gli elementi di raccordo con la proposta di legge delle opposizioni.
- salario minimo di 9 euro l’ora senza che i contratti collettivi possano scendere sotto questa soglia,
- per settori scoperti dalla contrattazione (il 5%), si applicherebbe il contratto più vicino in termini di mansioni,
- nei settori con più CCNL, varrebbe quello maggiormente rappresentativo.
La misura sarebbe strutturale (al costo di un miliardo di euro) con la copertura finanziaria derivante da tagli lineari alle risorse destinate ai ministeri e da una quota parte derivante dal Fondo sociale per la formazione e l’occupazione.