L’economia italiana va meglio del previsto e non si esclude un rialzo delle stime di crescita 2023, il cammino di riduzione del debito prosegue, sul fronte del deficit si va verso una normalizzazione ed anche l’inflazione è vista in progressivo calo; la vera sfida della crescita ruota intorno al PNRR, che, secondo le stime dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio (UPB) vale tre punti di PIL al 2026.
Sono considerazioni contenute nel Rapporto sulla politica di bilancio, che esamina tendenze e prospettive della politica economica, anche nel nuovo quadro della Governance europea.
Crescita 2023 sopra le attese ma incertezze 2024
Partiamo dalla crescita. Il 2022 doveva segnare la definitiva ripresa dopo la pandemia, invece è stato caratterizzato da nuove emergenze legate alla guerra in Ucraina, al caro energia e alla corsa dell’inflazione. Nonostante tutto, «l’economia italiana ha mostrato segni di resistenza agli shock avversi: nel 2022 è cresciuta del 3,7%, più dei maggiori partner europei, sospinta diffusamente dalla domanda, in particolare dai consumi delle famiglie, dagli investimenti fissi lordi e dalle esportazioni».
Anche la crescita del primo trimestre di quest’anno (+0,6%) è stata superiore alle attese. Ragion per cui non si escludono revisioni al rialzo sulle stime 2023 (attualmente all’1,2%). Restano invece numerose incertezze sul medio periodo. «Specialmente per il 2024, i fattori di rischio per il nostro Paese si confermano orientati al ribasso, così come le attese sul contesto economico globale».
Il PNRR vale 3 punti di PIL
E qui si inserisce il capitolo relativo al PNRR: i tempi di attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza «rappresentano un elemento fondamentale di cui tener conto nella valutazione delle previsioni macroeconomiche e di finanza pubblica». L’impatto del PNRR sul PIL, quindi sulla crescita, secondo l’UPB, è di quasi tre punti percentuali al 2026.
E’ una previsione che sottolinea come il Piano possa avere quel ruolo di stimolo all’economia italiana da più parti invocato per lasciarsi alle spalle i ritmi di bassa crescita degli ultimi decenni. Agganciando invece stabilmente una ripresa solida e duratura.
«In questo momento – si legge nel report – è in corso una riformulazione del Piano volta a favorire la realizzabilità dei progetti. Le conseguenze sui saldi di bilancio e sull’economia dovranno essere pertanto attentamente valutate».
L’obiettivo deve restare il seguente: cogliere in pieno «tutte le opportunità aperte dalla revisione del PNRR per assicurare nuovo slancio all’azione di riforma e al potenziamento infrastrutturale, entrambi essenziali per superare i divari generazionali, di genere e territoriali e consentire all’economia di affrontare le sfide tecnologiche e ambientali che attendono il Paese».
Il nodo del deficit e del debito
Per quanto riguarda la finanza pubblica, il 2022 viene considerato un anno ancora di emergenza. «Il disavanzo delle amministrazioni pubbliche è risultato pari all’8% del PIL, in riduzione rispetto all’anno precedente (9%) ma ancora elevato per il terzo anno consecutivo. Hanno pesato in particolare i diversi interventi volti a fronteggiare gli effetti della crisi energetica e la nuova contabilizzazione di alcuni bonus edilizi (Superbonus e Bonus facciate). Rilevante è stato anche il concorso della maggiore spesa per interessi, oltre 83 miliardi, quasi 20 miliardi in più del 2021».
In ogni caso, il disavanzo nel 2023 «dovrebbe calare in maniera rilevante, al 4,5% del PIL, beneficiando anche del notevole ridimensionamento degli effetti del Superbonus e del Bonus facciate e della consistente diminuzione delle misure contro il caro energia». Il debito pubblico a fine 2022 è sceso al 144,4% del pil, in calo di 5,5 punti dal 149,9 per cento dell’anno precedente. E lo scenario programmatico di finanza pubblica del DEF 2023 conferma il sentiero di riduzione di deficit e debito.
Il nuovo patto di Stabilità UE
Se il PNRR è considerato lo strumento fondamentale per il ritorno a una crescita sostenuta e solida, la nuova governance europea è invece uno degli elementi chiave per le politiche di bilancio dei prossimi tre anni.
Nel 2024, ricorda l’UPB, «verrà rimossa la clausola che ha sospeso le regole attuali del Patto di stabilità e crescita». Nel frattempo, il calendario europeo prevede l’entrata in vigore delle nuove regole, che però non cambiano i parametri fondamentali (deficit sotto il 3% e riduzione del debito).
E le stime di deficit 2024 dell’Italia restano sopra il 3%. Tuttavia, sottolinea l’UPB, «la stabilità dei saldi programmatici di bilancio presentata nel DEF 2023 appare appropriata, almeno nel breve periodo il raggiungimento degli obiettivi dovrebbe essere facilitato dal progressivo venir meno delle misure volte a contrastare le crisi pandemica ed energetica». Vanno però affrontate
Vanno però affrontati alcuni nodi, anche perché rimangono «una serie di elementi di incertezza sulle prospettive di finanza pubblica, connessi sia allo scenario macroeconomico e alla realizzazione del PNRR sia ad aspetti inerenti alla programmazione di bilancio».
In particolare, vanno individuate adeguate coperture finanziarie per i seguenti interventi di bilancio: le politiche invariate (soprattutto il rinnovo dei contratti del pubblico impiego), gli interventi sulle pensioni, le esigenze connesse alla riduzione della pressione fiscale nell’arco della legislatura, e i nuovi provvedimenti che il Governo deciderà di adottare nell’ambito della prossima Legge di Bilancio.
Per esempio, le maggiori entrate fiscali previste grazie al funzionamento delle politiche di compliance fiscale risultano «di incerta quantificazione ex ante. Per un principio di prudenza, sarebbe quindi auspicabile non utilizzarli ai fini della copertura di interventi di tipo strutturale». Questa necessità di assicurare adeguiate coperture, secondo l’UPB, è difficiel da attuare «senza incidere sulla prestazione dei servizi e sull’attuazione delle politiche sociali».
Una nota positiva riguarda infine l’analisi della dinamica inflazionistica. Dopo l’impennata 2022, si prevede «una graduale attenuazione delle tensioni sui prezzi, con un rientro rapido delle componenti energetiche ma più lento sia per gli alimentari che per le voci core».
Le politiche economiche attuate negli ultimi mesi per attenuare l’impatto dell’inflazione sono state efficaci: l’aumento netto della spesa delle famiglie risulta infatti pressoché costante nei due anni (5,1 e 5,4 per cento), ed è stato scongiurato l’effetto regressivo a sfavore delle famiglie a reddito più basso.
Nel 2023 però l’aumento dei prezzi dei beni non energetici e la ricomposizione del mix di politiche compensative producono invece effetti complessivi debolmente regressivi sulla spesa. Quindi, l’UPB auspica nuovi interventi più decisamente concentrati sulle famiglie maggiormente bisognose al fine di accentuare il carattere redistributivo, disegnati in modo tale da fornire i necessari incentivi per raggiungere, anche mediante il segnale dei prezzi di mercato, obiettivi più ambiziosi di risparmio energetico, e corredati da adeguate coperture finanziarie per non mettere a rischio i conti pubblici.