«Una chiusura trasversalmente netta su sistemi di modello presidenziale e valutazione più variegata nell’ipotesi di una elezione diretta del Presidente del Consiglio, del Capo del Governo»: la premier, Giorgia Meloni, ha riassunto così la giornata di consultazioni del 9 maggio con le opposizioni sulle riforme istituzionali.
Al centro del dibattito, ci sono modifiche di rilievo costituzionale che riguardano l’ordinamento della Repubblica.
In pratica, il Governo ha iniziato il percorso verso una riforma delle istituzioni che riguarda gli istituti cardine della democrazia: sistema elettorale e sistema della repubblica parlamentare. Vediamo com’è andata.
Elezione del capo di Stato al centro del confronto
Il programma elettorale del centrodestra prevedeva il passaggio alla repubblica presidenziale, con l’elezione diretta del presidente della Repubblica. Nel programma con cui il Governo si è presentato alle Camere per la fiducia, tuttvia, non è stata menzionata questa ipotesi. Al momento il metodo scelto da Meloni è quello della consultazione con tutte le forze parlamentari per poi fare una “sintesi” ed elaborare una proposta sui cui, poi, sarà chiamato ad esprimersi il Parlamento.
Come ha spiegato infatti la premier, in questa fase di dialogo «non ci siamo presentati con una nostra proposta perché ritenevamo che fosse importante anche dialogare con le altre forze politiche sul sistema delle regole». Ma, anche sulla base dell’ascolto delle diverse posizioni emerse, «ora cerchiamo di elaborare una nostra proposta che possa tenere in considerazione le valutazioni che sono state fatte».
Le posizioni sul presidenzialismo
Fra le forze di opposizione, nessuno si è espresso a favore del presidenzialismo all’americana (elezione diretta del Presidente della Repubblica, che è anche capo del Governo), o del semi-presidenzialismo alla francese (elezioni diretta del presidente della Repubblica, che poi nomina il capo del Governo).
In sostanza, nessun partito di opposizione è propenso a eleggere direttamente l’inquilino del Quirinale. Ci sono invece aperture sul cosiddetto sindaco d’Italia, che prevede l’elezione diretta del presidente del Consiglio. A questo sistema è favorevole il terzo polo di Carlo Calenda e Matteo Renzi (Terzo Polo).
Un no secco arriva invece dal Pd: «diciamo no all’elezione diretta del presidente della Repubblica e del premier».
Più morbido il Movimento 5 Stelle, che non si esprime a favore di nessuna elezioni diretta, anzi: il leader Giuseppe Conte insiste sul «modello parlamentare che è molto utile per l’inclusività e favorisce la soluzione dei conflitti». Ed esclude l’elezione diretta del presidente della Repubblica, in considerazione della sua figura super partes, di garanzia. Ma propone una sorta di bicamerale: «una commissione parlamentare costituita ad hoc».
L’ipotesi della bicamerale
Quella della bicamerale è un’ipotesi che non viene né caldeggiata né rifiutata da Elly Schlein, la quale sottolinea la disponibilità al confronto e l’importanza che il dialogo sia reale: “diciamo sì al confronto ma se è un confronto vero e non predeterminato».
Meloni, a sua volta, non esclude nulla nemmeno sul metodo: “sullo strumento migliore il dibattito è aperto, non mi faccio preclusioni».
Le proposte delle opposizioni
Il confronto non si concentra solo sull’eventuale svolta presidenziale, ci sono anzi proposte che riguardano altri aspetti istituzionali.
Il Pd propone una riforma delle legge elettorale che superi il sistema delle liste bloccate, un rafforzamento dei poteri del premier che resti nell’ambito della repubblica parlamentare, quindi senza elezione diretta, e che preveda magari istituti come la sfiducia costruttiva (il Parlamento può votare la sfiducia solo se contemporaneamente vota la fiducia a un nuovo esecutivo).
Altre proposte: limitare la decretazione d’urgenza, rafforzare istituti come il referendum e le leggi di iniziativa popolare, una legge sul conflitto d’interessi, e l’attuazione piena dell’articolo 49 della Costituzione sulla libertà di tutti i cittadini di associarsi liberamente in partiti per concorrere democraticamente alla politica nazionale.
Il Movimento 5 Stelle riconosce l’esigenza di un sistema che assicuri una maggior stabilità degli esecutivi, e si esprime favorevolmente anche a un rafforzamento dei poteri del premier, ma «in un quadro equilibrato». Fra le altre proproste, il rafforzamento dei referendum propositivi.
Italia Viva e Azione, oltre al sindaco d’Italia (quindi, elezione diretta del premier), punta al superamento del bicameralismo.
La sintesi di Giorgia Meloni
La premier ha spiegato che gli obiettivi della riforma che si va ad affrontare sono due: «la stabilità dei governi e delle legislature e il rispetto del voto dei cittadini nelle urne», definendo la giornata di dialogo «proficua» e «molto interessante», e riassumendo così il risultato: «mi pare che a monte vi sia una chiusura abbastanza trasversale, più netta, su sistemi di modello presidenziale o semipresidenziale e che invece la valutazione sia più variegata nell’ipotesi di una elezione diretta del Presidente del Consiglio, del Capo del Governo.
Noi, come abbiamo sempre detto, non siamo innamorati di un sistema specifico. Ci sono tanti sistemi che possono essere presi a esempio nelle altre democrazie e c’è anche la possibilità di immaginare un modello che sia italiano».
Il dialogo continua ora «con gli altri livelli istituzionali, con la Conferenza Stato-Regioni, con i sindaci, probabilmente anche con i corpi intermedi» e al termine di questa fase di colloqui, «fermo restando l’impegno che abbiamo assunto con i cittadini di consentire il rispetto delle loro indicazioni di voto e di favorire una democrazia matura dove i governi non cadono dopo un anno e mezzo, formuleremo la nostra proposta».