Utilizzare strumenti informatici e telematici per il traffico giuridico è una realtà: inviare una proposta contrattuale tramite mail, averne lettura e ricevere dalla controparte l’accettazione a stretto giro è divenuto uno strumento di efficienza ormai irrinunciabile, anche in azienda.
Da un punto di vista strettamente giuridico questi semplici passi sono densi di problematiche, di cui si è occupato il legislatore.
Un primo problema è quello di considerare il documento informatico non solo come uno strumento utilizzabile per preparare un atto scritto ma, indipendentemente dalla sua traduzione cartacea, come documento in senso stretto. Superata questa prima impasse, ne sorge un seconda: ricondurre con certezza il documento informatico al suo autore e, successivamente, regolarne il suo valore probatorio.
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Nel suo insieme il problema è stato affrontato e risolto con l’art. 15, comma 2, della legge 15 marzo 1997, n. 59, il quale, seppur inserito all’interno di un intervento normativo dedicato alla semplificazione amministrativa, enuncia un principio destinato ad incidere nell’ambito dei rapporti tra privati (comprese le aziende) e Pubblica Amministrazione.
La norma prevede infatti che «gli atti, dati e documenti formati dalla pubblica amministrazione e dai privati con strumenti informatici e telematici, i contratti stipulati nelle medesime forme, nonché la loro archiviazione e trasmissione con strumenti informatici sono validi e rilevanti a tutti gli effetti di legge».
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Nel tempo, la materia è stata oggetto di riordino e complessiva rivisitazione: i vari interventi legislativi sono confluiti nel Codice dell’amministrazione digitale, contenuto nel d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82.
Secondo la riforma, per documento informatico si intende la «rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti« (art. 1, lett. p del d.lgs. n. 82/2005).
Nella sua consistenza tradizionale (su supporto cartaceo), il documento assume rilevanza sotto due profili: quello della forma degli atti giuridici e quello della prova.
Per capire come la legge valuta il documento informatico occorre far capo alle diverse tipologie previste dal d.lgs. 23 gennaio 2002.
In tal senso, si distinguono: il documento informatico in generale, quello sottoscritto con firma elettronica e quello sottoscritto con firma elettronica avanzata (digitale).
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Nel primo caso – documento informatico in generale – vale quanto disposto dall’art. 20 del Codice dell’amministrazione digitale: il documento informatico da chiunque firmato (anche dal privato) nonché «la registrazione su supporto informatico e la trasmissione con strumenti telematici, sono validi e rilevanti a tutti gli effetti di legge». Ciò implica una generale equiparazione del documento su base informatica al documento su base materiale.
Ulteriore problema è quello dell’appropriazione della scrittura legata alla sottoscrizione. In base alla vigente disciplina, non è più vero che il documento informatico sottoscritto con firma elettronica soddisfa il requisito legale della forma scritta: il legislatore ha rinunciato ad equiparare il documento sottoscritto con semplice firma elettronica al documento sottoscritto con firma cartacea, ma ha ricollegato espressamente tale qualificazione soltanto al documento sottoscritto con firma elettronica qualificata o digitale.
Il documento informatico cui è apposta una firma elettronica, comunque, sul piano probatorio è liberamente valutabile in giudizio, tenuto conto delle sue caratteristiche oggettive di qualità e sicurezza.
La firma elettronica semplice, infatti, è data dall’insieme «dei dati in forma elettronica, allegati oppure connessi tramite associazione logica ad altri dati elettronici, utilizzati come metodo di autenticazione informatica» (art. 1, lett. q, d.lgs. n. 82/2005).
In tal senso, la firma elettronica potrebbe consistere anche in una semplice password o username che siano idonei all’identificazione informatica del firmatario di un documento (si pensi, nell’ambito delle comunicazioni tramite mail, ai dati necessari per collegarsi alla propria casella di posta elettronica ed inviare la relativa comunicazione).
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Secondo gli artt. 20, comma 2, e 21, comma 2, del Codice dell’amministrazione digitale, il documento informatico sottoscritto con firma elettronica qualificata o con firma digitale soddisfa il requisito legale della forma scritta, qualora sia stato formato «nel rispetto delle regole tecniche che garantiscono l’identificabilità dell’autore e l’integrità del documento».
Ne consegue che, anche quando la legge richiede a pena di nullità la forma scritta (ovvero nei casi un cui il contratto è valido solo se redatto per iscritto), il documento sottoscritto con firma elettronica qualificata o con firma digitale soddisfa il requisito richiesto.
In tali casi, inoltre, il documento così formato ha sul piano probatorio l’efficacia prevista dall’art. 2702 del codice civile: «la scrittura privata fa piena prova, fino a querela di falso, della provenienza delle dichiarazioni da chi l’ha sottoscritta, se colui contro il quale la scrittura è prodotta ne riconosce la sottoscrizione, ovvero se questa è legalmente considerata come riconosciuta».
Dalla lettura della norma ricaviamo che: il documento informatico fa comunque prova della provenienza delle dichiarazione dal sottoscrittore con firma digitale; se una persona riconosce la propria firma non può disconoscere le dichiarazioni che ha sottoscritto; il documento informatico si produce e fa prova contro il sottoscrittore e controparte non può portare come prova a proprio favore una dichiarazione formata solo da lui.
A questo punto, possiamo classificare il documento informatico secondo l’efficacia probatoria dello stesso.
Nel caso del documento informatico semplice, anche se sottoscritto con firma elettronica semplice, siamo nel campo delle forme libere. Pertanto, l’esistenza di riscontri sullo scambio di messaggi di posta elettronica può avere un qualche valore di prova semplice e il documento ha lo stesso valore di prova delle riproduzioni meccaniche o fotografiche, così come espressamente previsto dalla nuova versione dell’art. 2712 del codice civile (le riproduzioni fotografiche, informatiche o cinematografiche, le registrazioni fonografiche e, in genere, ogni altra rappresentazione meccanica di fatti e di cose formano piena prova dei fatti e delle cose rappresentate, se colui contro il quale sono prodotte non ne disconosce la conformità ai fatti o alle cose medesime).
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Diversamente, con la firma elettronica qualificata, ovvero con la firma digitale, il documento informatico assume i caratteri e soddisfa il requisito legale della forma scritta. Sul piano probatorio, infatti, tale tipologia di documento può accedere al grado di forma della scrittura privata autenticata.
Per chiarire quanto detto ci affidiamo ad un esempio: supponiamo che un fornitore di schede video trasmetta tramite posta elettronica ad un proprio cliente un preventivo; questi, ritenuta la proposta conveniente, decide di accettarla ed invia al proprio fornitore una mail nella quale da il benestare al preventivo.
In caso di contratti a distanza, il contratto si perfeziona nel momento in cui l’accettazione giunge a conoscenza del proponente. Pertanto, in caso di revoca della proposta, questa deve giungere al destinatario prima che la sua accettazione sia giunta la proponente.
Secondo l’art. 1335 del codice civile, l’accettazione si presume conosciuta nel momento in cui la dichiarazione giunge all’indirizzo del destinatario; tale presunzione è estesa dal d.p.r. n. 513/97 all’indirizzo elettronico (ad esempio alla casella di posta elettronica).
Firme digitali => Scopri il ruolo dei certificatori
Se la fornitura viene eseguito nulla questio, ma se il fornitore/cliente non adempie ai suoi obblighi o sorgono questioni sull’interpretazione del contratto, occorre affrontare il valore probatorio delle comunicazioni intercorse.
In questo senso, se il documento informatico è sottoscritto con firma digitale esso è equiparato in tutto e per tutto al documento cartaceo firmato. Diversamente, il giudice valuterà liberamente le comunicazioni intercorse tra le parti.