Operativo a regime dal 1° luglio 2023, il nuovo Codice degli appalti presenta già alcune lacune che devono essere colmate con appositi emendamenti. Lo sottolinea l’ANAC, che ribadisce la necessità di effettuare alcune correzioni al testo per evitare una procedura di infrazione europea.
A fare acqua, secondo l’Autorità Nazionale Anticorruzione, sarebbe ad esempio l’articolo 15, comma 6 del Dlgs riferito al RUP, il Responsabile Unico del Procedimento, che stando al testo può affidare direttamente e a sua discrezione servizi a supporto della propria attività, non superando l’1% dell’importo posto a base di gara.
Inoltre, per appalti fino a 500mila euro le piccole stazioni appaltanti potranno procedere senza passare per le stazioni appaltanti qualificate.
Come sottolinea il presidente ANAC, Giuseppe Busia, la norma prevede per gli appalti di importo più elevato cifre a disposizione diretta del RUP di molto superiori ai limiti previsti dalle direttive europee.
Tale soglia andrà, pertanto, modificata per non incorrere in una procedura di infrazione.
Le regole UE, infatti, affermano che per poter procedere senza gara il tetto massimo per i servizi sia pari proprio a 215mila euro, di conseguenza l’attuale regola inserita nel Codice dei contratti pubblici rischia di scontrarsi con la normativa comunitaria.