Il Governo ha approvato in Consiglio dei Ministri il Documento di Economia e Finanza (DEF) con le stime di crescita per il 2023 e 2024.
Nello scenario tendenziale a legislazione, il PIL cresce dello 0,9% nel 2023 per attestarsi all’1% nel quadro programmatico (rispetto allo 0,6% stimato in autunno) per un deficit al 4,5% rispetto al tendenziale del 4,35%.
Ciò consente di ritagliarsi un tesoretto da 3 miliardi. Una dote a quanto pare già impegnata, secondo le anticipazioni del Ministero delle Finanze, secondo cui il quadro economico delineato:
permetterà di introdurre, con un provvedimento di prossima adozione, un taglio dei contributi sociali a carico dei lavoratori dipendenti con redditi medio-bassi di oltre 3 miliardi a valere sul periodo maggio-dicembre di quest’anno.
Per il 2024, le proiezioni mostrano un deficit tendenziale del 3,5% e del 3,7% di PIL, per uno “spazio di bilancio” di circa 0,2 punti destinato al Fondo per la riduzione della pressione fiscale, al finanziamento delle politiche invariate a partire dal 2024 e alla continuazione del taglio della pressione fiscale nel 2025-2026. La pressione fiscale che dovrebbe passare dal 43,3% nel 2023 al 42,7% entro il 2026.
In generale, si tratta di risorse davvero limitate. Ben poco a confronto con i 20 miliardi della scorsa Legge di Bilancio. Ridotti, dunque, i margini di manovra per quest’anno e per il prossimo, tanto più che sono state tagliate di mezzo punto le stime per il PIL 2024 (+1,4% quello tendenziale, invece di +1,9%), con indebitamento oltre il 3%.
Grande prudenza anche per il medio-lungo periodo. Secondo il commento del Ministero:
la proiezione per il 2025 è in linea con il DPB, mentre la decelerazione prevista per il 2026 è dovuta a prassi metodologiche concordate a livello di Unione europea.
Secondo il MEF, infine, per rendere il nostro Paese più innovativo non basta soltanto il PNRR:
È necessario investire anche per rafforzare la capacità produttiva nazionale e lavorare su un orizzonte temporale più esteso di quello del Piano e che consenta di creare condizioni adeguate a evitare nuove fiammate inflazionistiche. È questo un tema che deve essere affrontato non solo in Italia, ma anche in Europa.