Ogni lavoratore si chiede se è più conveniente lasciare il TFR in azienda o farlo confluire in un fondo pensione. La quota di accantonamento, calcolata sulla retribuzione lorda, investita o affidata al datore di lavoro, si tradurrà infatti in un tesoretto da utilizzare una volta andati in pensione.
Per capire se conviene lasciarlo in azienda o investirlo in un fondo, occorre valutare rendimenti, tassazione, liquidabilità.
Vediamo dunque cosa conviene fare alla luce dei rendimenti al 2023 e dei vari pro e contro delle due opzioni.
Calcolo e destinazione del TFR
Il TFR (acronimo di Trattamento di Fine Rapporto) corrisponde a circa una mensilità dello stipendio ed è pari al 6,91% della retribuzione lorda annua. Ad esempio, su una retribuzione annua lorda di € 25.000, la quota annua del TFR è di circa € 1.750.
Disciplinato dall’art. 2120 del Codice Civile, spetta in ogni caso di cessazione del rapporto di lavoro subordinato e si calcola sommando per ciascun anno di servizio una quota pari all’importo della retribuzione dovuta per l’anno stesso divisa per 13,5, proporzionalmente ridotta per le frazioni di anno ( computandosi come mese intero per le frazioni di mese uguali o superiori a 15 giorni).
Entro 6 mesi dalla prima assunzione, il lavoratore del settore privato deve decidere cosa fare del proprio TFR. Si può scegliere di lasciarlo in azienda e ritirarlo al termine del rapporto di lavoro oppure di farlo confluire in un fondo pensione. La scelta di aderire alla previdenza complementare è irrevocabile, quella di lasciare il TFR in azienda può in ogni momento essere modificata.
Se il lavoratore non fa una scelta esplicita opera il meccanismo del silenzio-assenso. Ciò significa che il TFR confluisce automaticamente nel fondo pensione previsto dal contratto collettivo di lavoro o, in presenza di più fondi, in quello a cui è iscritto il maggior numero di dipendenti; in tal caso il lavoratore aderisce “tacitamente” al fondo pensione. Se non è previsto un fondo pensione di riferimento il TFR viene versato al fondo residuale individuato dalla normativa.
TFR in azienda: come funziona
Se di decide di lasciare il TFR in azienda, significa che il datore di lavoro trattiene una quota mensile che viene accantonata, rivalutata e poi essere corrisposta al lavoratore a fine contratto.
In caso di nuovo rapporto di lavoro, se nel precedente la scelta è stata quella di mantenere il TFR in azienda, il nuovo datore di lavoro continuerà a mantenere il TFR sulla base della scelta precedente, ferma restando la possibilità da parte del lavoratore di rivedere, in ogni momento, la scelta a suo tempo effettuata e conferire il TFR futuro a una forma pensionistica complementare.
Anche chi nel precedente rapporto di lavoro ha aderito alla previdenza complementare e ha poi riscattato interamente la posizione individuale maturata (per perdita dei requisiti di partecipazione, ad es. in caso di licenziamento), entro sei mesi dalla nuova assunzione deve manifestare una nuova scelta sulla destinazione del TFR futuro e cioè decidere di nuovo se destinarlo a un fondo pensione o lasciarlo in azienda (compilando il modello TFR2). Se non si esprime, alla scadenza del semestre, il TFR viene destinato alla previdenza complementare secondo il meccanismo del silenzio-assenso (cosiddetta adesione tacita).
Tassazione del TFR in azienda
Quando viene lasciato il TFR in azienda, il suo rendimento è assoggettato a un’aliquota fissata al 17%. Non viene però tassato subito, ma solo quando il lavoratore lo riceverà come liquidazione al termine del rapporto di lavoro.
In tal caso, al momento della sua erogazione, sarà soggetto a tassazione separata, ovvero la quota di TFR maturato verrà moltiplicato per dodici e diviso per gli anni di servizio su cui verrà applicata l’aliquota (IRPEF) media di tassazione dei cinque anni antecedenti la cessazione dell’attività lavorativa. La differenza tra il TFR lordo e la quota di IRPEF appena calcolata restituirà il TFR netto a disposizione del lavoratore.
TFR in un fondo pensione: come funziona
Il lavoratore può, in qualsiasi momento, decidere di aderire ad un fondo pensione, compilando il relativo modulo e avviando i versamenti. Il conferimento del TFR al fondo pensione può avvenire in due modi:
- adesione esplicita, quando il lavoratore sceglie di versare il TFR nel fondo pensione entro i primi 6 mesi dall’assunzione;
- adesione tacita, nel caso in cui il lavoratore non compia la sua scelta entro i 6 mesi previsti. In quest’ultimo caso, infatti, il lavoratore viene iscritto automaticamente al fondo pensione negoziale previsto dal suo CCNL o contratto aziendale.
Tassazione del TFR al fondo pensione
Passando agli aspetti fiscali, l’adesione alla previdenza complementare, sia esplicita che tacita, dà diritto alla completa deducibilità dal proprio reddito per quanto concerne i versamenti effettuati fino alla soglia annua di 5.164,57 euro.
Inoltre i fondi pensione beneficiano di un’imposta sostitutiva del 20% su interessi e plusvalenze realizzate anziché del 26% come gli altri strumenti finanziari. Per quanto riguarda la tassazione al momento dell’erogazione del TFR, nel caso di versamento al fondo pensione la prestazione pensionistica che verrà erogata e che includerà il TFR, sconterà una tassazione massima del 15%, che decresce dello 0,3% per ogni anno di iscrizione alla previdenza complementare successivo al quindicesimo fino a un minimo del 9%.
Rendimenti TFR e Fondi Pensione a confronto
In base ai dati COVIP, nel 2o22 la rivalutazione del TFR ha reso un +8,3% a chi ha scelto di accantonare il TFR in azienda contro un rendimento in calo per i fondi pensione: del 9,8% per quelli negoziali, del 10,7% per i fondi aperti e dell’11,5% per i PIP (solo quelli investiti in gestioni separate, e dunque a capitale garantito, hanno reso l’1,2%).
L’aumento dell’inflazione ha infatti favorito gli accantonamenti del TFR e penalizzato i fondi pensione, che dopo un’iniziale ripresa nel post-Covid hanno nuovamente patito l’incertezza dei mercati.
Nel lungo periodo, però, vince ancora la previdenza complementare:
- tra il 2013 e il 2022 il TFR si è rivalutato ogni anno del 2,4%
- i fondi di previdenza integrativa hanno reso ogni anno intorno al 4,7%.
Entrando nello specifico dei singoli fondi, secondo la COVIP, a parità di quota azionaria nei rispettivi portafogli:
i rendimenti dei comparti dei fondi negoziali si collocano su valori in media superiori a quelli dei comparti dei fondi aperti e dei Pip a causa dei maggiori costi che caratterizzano queste ultime linee, che incidono sui rendimenti netti.
Quando si può chiedere l’anticipazione del TFR
La legge prevede dei casi diversi in cui si può chiedere un anticipo del TFR, che cambiano a seconda si scelga di lasciarlo in azienda o farlo conferire in un fondo pensione. E anche questi sono aspetti importanti da valutare per capire se convenga l’uno o l’altro.
Tali casi di anticipazione del TFR sono:
- Acquisto/ristrutturazione prima casa per sé o per i propri figli: in caso di fondo pensione, si può chiedere un anticipo decorsi 8 anni di iscrizione e per un importo non superiore al 75% del maturato; nel caso di TFR in azienda, si può chiedere decorsi 8 anni dall’assunzione e per u importo non superiore al 70%
- Spese sanitarie per sé o per la propria famiglia: l’anticipazione nel caso di TFR al fondo pensione si può chiedere in qualsiasi momento e per un importo non superiore al 75%; in caso di TFR in azienda decorsi 8 anni dall’assunzione per un importo non superiore al 70%
- Altre esigenze: al fondo pensione decorsi 8 anni dall’iscrizione e per importo non superiore al 30%; nel caso di TFR in azienda decorsi 8 anni dall’assunzione e per un importo non superiore al 70% e solo in caso di congedi parentali, per la formazione extra lavorativa o continua
Infine c’è da precisare che, nel caso di TFR accantonato in azienda, l’anticipazione potrà essere ottenuta una sola volta nel corso del rapporto di lavoro, a condizione che la richiesta non sia stata presentata da più del 10% degli aventi diritto e nel limite del 4% del totale dei dipendenti e verrà tassata come visto in precedenza.
Al contrario, non c’è limite al numero di anticipazioni ottenibili dal fondo pensione.