La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 35643 del 5 dicembre 2022, ha affermato che i rappresentanti delle organizzazioni sindacali sono legittimati a diffondere comunicati sindacali anche tramite posta elettronica aziendale, a patto che questa prerogativa non arrechi un pregiudizio allo svolgimento dell’attività lavorativa.
Il diritto dei lavoratori
Il tema affrontato dal provvedimento è quello del “volantinaggio elettronico” e, più in generale, delle modalità di comunicazione di tematiche attinenti all’esercizio del c.d. proselitismo sindacale, attività che – come noto – è in costanze evoluzione, soprattutto dal punto di vista tecnologico.
La norma che regola la fattispecie è l’articolo 26, comma 1, dello Statuto dei Lavoratori, in base al quale i dipendenti “hanno diritto di raccogliere contributi e di svolgere opera di proselitismo per le loro organizzazioni sindacali all’interno dei luoghi di lavoro, senza pregiudizio del normale svolgimento dell’attività aziendale”.
Secondo il costante insegnamento della Corte di Cassazione, questo diritto è espressione del più ampio diritto di manifestazione del pensiero (attuativo dell’art. 21 Costituzione) e di libertà sindacale (art. 14, St. Lav.), comprendendo non solo la semplice propaganda, ma anche la possibilità di promuovere l’adesione al sindacato e di raccoglierne le iscrizioni.
Il caso di specie
La vicenda oggetto della sentenza trae origine dal ricorso ex art. 28 L. 300/1970 promosso da una Organizzazione Sindacale, volto a ad accertare l’antisindacalità della condotta posta in essere dal datore di lavoro e consistita nell’aver sanzionato disciplinarmente un proprio dipendente appartenente alle R.S.U., il quale, durante l’orario di lavoro, aveva spedito – utilizzando l’indirizzo di posta elettronica personale – comunicazioni di natura sindacale alla casella email di 200 dipendenti.
Sia il Tribunale che la Corte d’Appello accoglievano la tesi del Sindacato, annullando la sanzione adottata dalla società nei confronti del dipendente. Ricorreva così in Cassazione il datore di lavoro chiedendo la riforma della pronuncia della Corte d’Appello, sia perché la condotta del “sindacalista” era stata posta in essere durante l’orario di lavoro, sia in considerazione del fatto che tale attività era stata effettuata tramite uno strumento “inappropriato”, in quanto esclusivamente dedicato all’attività lavorativa.
Nonostante le argomentazioni dell’azienda, il ricorso non è stato ritenuto meritevole di accoglimento da parte dei giudici della Suprema Corte. Vediamone il perché.
Il parere della Cassazione
La Cassazione, nel ripercorrere la normativa applicabile alla fattispecie, cita l’art. 25 dello Statuto dei Lavoratori, secondo cui:
le rappresentanze sindacali aziendali hanno diritto di affiggere, su appositi spazi, che il datore di lavoro ha l’obbligo di predisporre in luoghi accessibili a tutti i lavoratori all’interno dell’unità produttiva, pubblicazioni, testi e comunicati inerenti a materie di interesse sindacale e del lavoro.
Tale norma ha individuato, in linea con le condizioni comunicative esistenti all’epoca della pubblicazione dello Statuto, una delle forme attraverso cui garantire lo svolgimento dell’attività sindacale nei luoghi di lavoro (ad esempio, tramite bacheche).
Secondo gli Ermellini, l’evolversi delle modalità di comunicazione telematica e la maggiore efficacia realizzata attraverso il raggiungimento dei singoli lavoratori per mezzo della casella di posta elettronica, “non può non essere considerata un aggiornamento necessario della modalità di trasmissione delle notizie, posta a garanzia della reale efficacia dell’attività di sindacale”.
Sulla scorta di quanto sopra, la previsione di un “canale” dedicato alle sole informazioni sindacali, messo a disposizione dal datore di lavoro, con soluzioni tecniche poste a suo carico, darebbe concreta attuazione all’obbligo di predisposizione di “appositi spazi”, proprio come richiesto dall’art. 25, e potrebbe essere più adeguato a evitare, soprattutto in contesti lavorativi di grandi dimensioni, l’eccessivo affollamento della casella di posta aziendale (Cass. n. 5089/1986).
Tuttavia, in assenza di tale “canale” dedicato, la Cassazione afferma che ben può essere legittimo l’utilizzo della casella email aziendale anche per comunicazioni sindacali, a patto che non arrechino pregiudizio al regolare svolgimento dell’attività aziendale (circostanza non provata dal datore di lavoro nei precedenti gradi di giudizio), rigettando così il ricorso della società e, conseguentemente, la sua tesi secondo cui lo strumento in questione sarebbe esclusivamente dedicato all’attività lavorativa e non all’attività di proselitismo sindacale.
Si precisa, infine, che già in passato la giurisprudenza di merito aveva ritenuto che l’attività di invio o di ricezione di comunicazioni sindacali attraverso la posta elettronica potesse essere ricondotta alla (legittima) attività di volantinaggio, rientrante nell’ambito della libertà sindacale concessa a qualunque organizzazione presente in azienda, non “sussistendo alcuna differenza tra la materiale consegna ai dipendenti di volantini
stampati sul luogo di lavoro e l’invio agli stessi, anche sulla loro posta elettronica aziendale, di una email avente identico contenuto” (cfr. Trib. Catania, Sez. lav., 2 febbraio 2019).
La sentenza in esame, pertanto, più che “innovare” la questione, prende nuovamente posizione sul punto, confermando così i precedenti orientamenti di merito e di legittimità.
di Stefano Petri, Avvocato DLA Piper in Italia