Il credito d’imposta per le aziende energivore è utilizzabile solo in compensazione: l’impresa che destina la somma per pagare acconti o saldi d’imposta, può liberamente applicare il metodo storico o previsionale. In questo secondo caso, però, la società si espone al rischio di versare l’imposta in eccedenza senza aver diritto al rimborso.
La precisazione è contenuta in un interpello dell’Agenzia delle Entrate relativo alla specifico caso di un’impresa che intende usare il beneficio fiscale per pagare l’IRES su base previsionale. Si tratta dell’interpello 8/2023.
Bonus imprese energivore
Il Bonus energia nel corso del 2022 è stato a più riprese riformulato e prorogato, coprendo l’intera annualità. Quello a cui si riferisce l’interpello è previsto dal decreto legge 115/2022, ed è pari al 25% delle spese sostenute per la componente energetica acquistata ed effettivamente utilizzata nel terzo trimestre 2022.
E’ destinato alle imprese a forte consumo di energia elettrica (in base al decreto ministeriale dello Sviluppo economico 21 dicembre 2021), che nel secondo trimestre 2022 abbiano sostenuto costi per kWh della componente energia elettrica, al netto delle imposte e degli eventuali sussidi, superiori al 30% rispetto al medesimo periodo 2019.
E’ riconosciuto anche in relazione alla spesa prodotta e auto-consumata nel terzo trimestre 2022, calcolando in tal caso l’incremento del costo per kWh in base alla variazione sul prezzo convenzionale dell’energia elettrica pari alla media, relativa al terzo trimestre 2022, del prezzo unico nazionale dell’energia elettrica.
Regole di utilizzo
Innanzitutto, l’Agenzia delle Entrate sintetizza il quadro normativo di riferimento sulla fruizione del beneficio fiscale nel seguente modo:
- è utilizzabile solo in compensazione (i codici tributo da inserire nel modello F24 sono indicati nella risoluzione 49/E del 16 settembre 2022);
- non sconta i limiti quantitativi delle ordinarie compensazioni previste dall’articolo 17 del dlgs 241/1997: è quindi possibile superare i 2 milioni di euro;
- per utilizzarlo dopo il 16 marzo 2023 bisogna inviare una specifica comunicazione all’Agenzia delle entrate indicando il quantum del credito stesso, maturato nel 2022;
- se non viene utilizzato entro il 30 giugno 2023 non dà luogo a rimborso in nessun caso.
Nell’ambito di queste regole, l’azienda può decidere di usare il credito d’imposta utilizzando il calcolo di acconti e saldi fiscali che preferisce. Il metodo storico prevede il versamento sulla base dell’imposta dovuta per l’anno precedente, quello previsionale viene utilizzato tendenzialmente a fronte di una previsione di un risultato economico inferiore rispetto all’anno precedente, e si basa sull’imposta presumibilmente dovuta di conseguenza.
Questa scelta, sottolinea il Fisco, «può comportare la riduzione o il non pagamento dell’acconto, ma, al contempo, espone il contribuente al rischio di effettuare i versamenti in acconto in misura inferiore rispetto a quanto realmente dovuto e l’eventuale successiva applicazione di sanzioni e interessi sulla differenza non versata».
Ma c’è anche l’ipotesi contraria, in cui il versamento dell’acconto con il metodo previsionale risulti superiore a quello calcolato con il metodo storico. Non c’è una preclusione legislativa al versamento dell’acconto calcolato con il metodo previsionale, laddove il relativo ammontare superi quanto sarebbe dovuto utilizzando il metodo storico. E qui c’è la seguente precisazione:
in nessun caso il versamento dell’acconto, qualora eccedente rispetto a quanto effettivamente dovuto, potrà consentire il rimborso della relativa imposta o un effetto trascinamento tale per cui il credito speso per il pagamento venga utilizzato in qualsiasi modo dopo il 30 giugno 2023.