Il Governo Meloni «sta facendo il possibile», soprattutto tenendo conto che la Manovra «ha un bilancio scarso», e ha correttamente focalizzato l’attenzione sulle misure contro il caro energia. Però, mancano misure che diano «slancio delle imprese, soprattutto le PMI». Questo è il giudizio complessivo di Paolo Galassi, presidente di API (Associazione Piccola e media Industria), sulla Legge di Bilancio 2023 e le politiche economiche necessarie per il nuovo anno.
Ancora più nel dettaglio, quel che manca è un progetto di politica industriale «per le piccole e medie imprese manifatturiere, che rappresentano il 50-60% per cento del PIL».
I timori si concentrano sul biennio 2023-2024, caratterizzato da molte incognite. Di conseguenza, è necessario dare certezze alle imprese, in modo che possano effettuare investimenti mirati. «Pensiamo per esempio al settore metalmeccanico – prosegue Galassi -. Cosa devono fare le imprese dell’automotive? Puntare solo sull’elettrico, o anche sull’idrogeno? Abbiamo bisogno di indirizzi strategici».
L’imprenditore propone una considerazione interessante: «pensiamo a cosa è successo con il Covid. Temevo sarebbe stato un disastro, invece appena è stato possibile le imprese hanno addirittura aumentato il fatturato». Soprattutto le PMI, che hanno dimostrato resilienza. Ricordiamo che il PIL italiano nel 2021 (+6,7%) è cresciuto più della media europea e circa il triplo di quello tedesco (dati Eurostat). Nel 2022, in base ai calcoli di Confartigianato, l’Italia ha superato Germania, Francia e Cina.
Cosa bisognerebbe fare per continuare a stimolare l’economia italiana? «Siamo indietro sull’energia e sul manifatturiero destinato ai prodotti non finali. Bisognerebbe valorizzare quel mercato».
Dal caro energia alla svolta green
Andiamo con ordine e partiamo dal caro energia. Sono positive le valutazioni sulla Manovra e sul price cap europeo. «Le misure sono valide, stabilizzano il prezzo e lo calmierizzano».
Galassi segnala il servizio di API, denominato PMI Energy, che sostanzialmente consente alle imprese di risparmiare con gli acquisti congiunti. «E’ uno strumento che ci ha tutelato per due motivi: il mercato dell’energia è stato molto speculativo, e chi non aveva contratti seri rischiava di pagare molto di più». Il costo dell’energia resta un fattore critico da tenere d’occhio nel 2023. «Il Governo Meloni ha tutelato i cittadini e ha previsto misure per le imprese. Ma mi aspetto di più», nel senso che anche sull’energia è necessaria una strategia.
Per esempio, declinando la conversione green, prevista e stimolata fra l’altro anche dal PNRR. «Bisogna chiarire cosa è il green», soprattutto per identificare un perimetro preciso di mercato per le PMI. Un esempio: «molte imprese vivevano sui pezzi di ricambio delle caldaie, oggi stiamo deviando sulle pompe di calore. Questo è un indirizzo chiaro, che consente alle imprese di ristrutturare. Avremmo bisogno di indicazioni analoghe su altri fronti, ad esempio sulla riconversione energetica». Significa identificare precisi obiettivi in tema di modernità, ecologia, transizione green, «in modo che le nostre imprese possano specializzarsi».
Le misure per le imprese e Industria 4.0
E’ importante proseguire sulla strada di Industria 4.0. Il piano «ha rappresentato un cambiamento nella gestione delle imprese incredibile. C’era il timore che automatizzare gli impianti servisse a ridurre la manodopera. Non è vero, stiamo dimostrando che la digitalizzazione serve per avere un prodotto migliore, consentendo anche una maggior specializzazione del personale».
Resta la critica di fondo, per cui il piano Industria 4.0 è stato almeno inizialmente impostato soprattutto sulle grandi imprese. Successivamente sono state introdotte correzioni (anche calibrando le agevolazioni in base alla dimensione aziendale). E’ fondamentale continuare a pensare ai piccoli, insiste Galassi: «il piano Industria 4.0 deve riguardare anche chi fa i ricambi per una turbina. Quindi, va aggiornato in modo da focalizzarsi maggiormente sulla tipologie delle imprese che abbiamo in Italia. Che sono piccole e medie».
=> Legge di Bilancio 2023, tutte le misure per le imprese
Non siamo l’unico paese Ue ad alto tasso di PMI, ma «le nostre dimensioni spesso sono inferiori. In Germania (la prima potenza manifatturiera in Europa, l’Italia è al secondo posto, n.d.r.) una piccola impresa in media ha 40 dipendenti, da noi siamo a 15-20». In definitiva, il piano Industria 4.0 «va rifinanziato» (gli incentivi scendono nel 2023), «ma anche rivisto per concentrarsi più sulle PMI».
Il PNRR per le aziende
Lo strumento che tutti indicano come motore della crescita dei prossimi anni (e forse non solo) è il PNRR. «E’ fondamentale che il Recovery Plan funzioni», ma bisogna usare meglio le risorse a diposizione. Ci sono piccoli Comuni che «hanno ricevuto un mucchio di soldi, perchè puntano sul turismo e magari non sanno neanche dove spenderli».
In pratica, anche sul PNRR «ci vogliono strategia più mirate, con iniziative che valorizzino i sistemi territoriali». In Lombardia, «per il momento è stato fatto poco per la manifattura. E’ una Regione in cui non si può pensare solo la turismo». L’altra cosa: «resta difficile capire come arrivano i soldi del PNRR alle imprese». Lo strumento principale sono i bandi, ma il punto è la distribuzione delle competenze fra i diversi enti locali e, soprattutto, delle risorse ai diversi settori produttivi. In sintesi, la richiesta è quella di far confluire più risorse sull’industria manifatturiera.
Il taglio del cuneo fiscale
Proseguendo con l’analisi della manovra, una misura a favore delle imprese è il taglio del cuneo fiscale. Le modifiche in commissione hanno previsto che il taglio di tre punti percentuali spetti fino a 25mila euro di retti, mentre fra i 25mila e i 35mila euro resta il taglio di punti. «Non è ben centrato – sottolinea Galassi -. Riguarda un numero non alto di lavoratori, e sbilanciato sul settore dei servizi». Quindi «gli importi sono sbagliati».
In secondo luogo «le misure sul lavoro devono premiare di più chi assume, chi fa formazione, chi investe in tecnologia». Ancora una volta, le imprese dell’industria in senso stretto. La richiesta di tagli al cuneo più ampio, e con una parte maggiore a favore delle imprese, è sostanzialmente comune a tutte le associazioni imprenditoriali.
Comunque, è corretta l’impostazione di ridurre il cuneo fiscale, e di dare più soldi a chi ha redditi più bassi. Sia perchè «in Italia sono molto tassati sia i lavoratori sia le imprese». Sia perchè il mercato interno è importante. «Noi i prodotti a chi li vendiamo? Al destinatario finale. Quindi, meno guadagna peggio è. Bisogna trovare un corretto equilibrio fra tassazione e reddito. Se i lavoratori continueranno a guadagnare di meno, noi imprese venderemo di meno».
Su questo fronte, «il governo ha un grosso compito: se no, corriamo rischio di recessione. La mia paura è questa, anche in considerazione dell’aumento delle materie prime». Quindi, bene aver «iniziato dalle fasce deboli, ma ora speriamo che allarghino il raggio d’azione».
Mercato interno ed esportazioni
In generale, secondo Galassi «il mercato interno va tutelato meglio. Io non contesto le misure a favore dei pensionati ai minimi. Ma per il resto, bisogna equilibrare meglio. Togliere soldi a chi guadagna 2mila euro al mese non va bene. E’ un reddito con cui si vive benissimo, ma se un lavoratore, o un pensionato, fanno fatica a cambiare macchina, le imprese venderanno di meno». E’ vero che le aziende italiane negli ultimi anni hanno risolto il problema potenziando le esportazioni. Ma «il 70% delle nostre esportazioni sono in Europa.
Se un’impresa deve produrre in Croazia, perché ha un costo del lavoro più conveniente, poi fare in Italia il layout tecnico e il brevetto, e poi vendere in Francia, Svezia o Germania, che Europa è?».
Qui ci sono comunque una serie di sfide fondamentali, che riguardano da una parte il sostegno al mercato interno, dall’altra l’internazionalizzazione. «Le tecnologie sono un’occasione anche per le PMI, che infatti esportano bene. I tedeschi hanno provato a fare componentistica in Cina, e hanno abbassato la qualità».
Oggi però ci sono nuovi elementi: «sull’elettrico, c’è il tema delle materie prime, che spesso sono in Cina. Idem per il fotovoltaico. Ci vuole una gestione attenta di tutte queste tematiche». L’Italia parte da numeri alti e ha grosse potenzialità. «Le PMI sono sempre più evolute, anche tecnologicamente». Ma il sistema paese deve supportare l’industria. Se non rifacciamo gli errori del passato. «Pensiamo all’informatica: il primo processore è stato inventato da un italiano, ma prodotto negli Usa, il primo microchip anche. Siamo sempre stati all’avanguardia, ma poi non riusciamo a mettere a terra tutto questo valore». «Le nostre PMI hanno esportato e continuano ad esportare perché i prodotti sono buoni. Abbiamo molte eccellenze, per esempio nel food».
Flat tax e riforma fiscale
La flat tax? «Va bene per le Partite IVA, ha un senso, ma non risolve il problema generale. Dobbiamo avere un sistema fiscale che riequilibri tutti. Gli svedesi, i norvegesi, pagano tasse che sembrano più elevate delle nostre, ma hanno anche un ritorno in termini di welfare e di reddito. Oppure, in Svizzera pagano poche tasse ma le pagano tutti».
Bisogna combattere il nero, a tutti i livelli. «Un idraulico che paga le tasse deve incassare 40 euro all’ora, se invece fa il nero può applicare tariffe molto più basse. E’ una logica che impoverisce il Paese». In questo senso, ben vengano i crediti fiscali, come quelli sull’edilizia, che contribuiscono anche a far emergere l’economia sommersa.
In conclusione, il Governo Meloni «sta dando segnali. Ma ora bisogna consolidare un cambiamento, in Italia e in Europa. Dopo il Covid, e le precedenti crisi, come quella finanziaria del 2008, abbiamo capito che l’Europa è importante. Tornando alla Legge di Bilancio, per il momento mette insieme molte esigenze diverse. Se nel 2023 le politiche economiche produrranno cambiamenti, potremo avere segnali positivi, anche consistenti, già dal 2024. Come API, vorrei una focalizzazione decisa sul nostro pil manifatturiero».