Il reddito medio è cresciuto dell’1,5% tra il 2019 e il 2021 a livello nazionale, tuttavia in sei regioni su 20 le famiglie italiane non hanno ancora recuperato i valori pre-Covid e 18 province stanno molto peggio del 2019.
Queste cifre sono emerse da un’analisi del Centro Studi Tagliacarne e Unioncamere basata sulle stime 2021 del reddito disponibile delle famiglie consumatrici, documento volto a misurare la capacità di spesa della popolazione residente e a mettere in evidenza eventuali disparità.
Se a poter contare su aumenti di reddito più elevati sono il Lazio (+5,0%), la Lombardia (+2,7%), la Sicilia (+2,7%), l’Umbria (+2,4%), la Campania e il Friuli-Venezia Giulia (+1,9%), a ritrovarsi con una perdita rispetto al 2019 sono Valle d’Aosta (-3,9%), Abruzzo (-2,2%), Molise (-1,5%), Trentino-Alto Adige (-1,5%), Marche (-1,4%) e Piemonte (-0,2%).
Più in generale, quasi un terzo del reddito delle famiglie si concentra in Lombardia e Lazio, sebbene sia il Trentino-Alto Adige a mostrare il maggiore reddito pro capite. La classifica provinciale 2021 in base al reddito pro-capite, invece, è guidata da Milano con 33.317 euro a testa, mentre Enna è in fanalino di coda.
Questi dati dimostrano che le famiglie sono state meno colpite delle imprese dalla crisi pandemica anche grazie alle politiche di sostegno attivo messe in campo dai diversi governi, registrando un aumento a valori correnti dell’1,5% del reddito disponibile familiare.
Questo, a fronte di un calo dello 0,8% del Prodotto Interno Lordo (PIL) nel Paese tra il 2021 e il 2019, come evidenzia il presidente di Unioncamere Andrea Prete:
Preoccupa però la situazione del Mezzogiorno che vede ben 22 province con un reddito disponibile pro-capite nel 2021 inferiore di oltre il 25% alla media nazionale.
Ovviamente, sono dati che non incamerano l’ulteriore stangata prodotta dalla crisi inflazionistica del 2022, che ha inasprito le disuguaglianze e reso più stringente il problema dei redditi bassi.