Una recente sentenza di Cassazione fa luce sui limiti al sequestro preventivo in caso di bancarotta, accogliendo parzialmente il ricorso avanzato da una famiglia di imprenditori: la confisca non ha validità quando il giudice non quantifica il profitto del reato.
La misura cautelare deve invece essere motivata dall’effettivo accrescimento patrimoniale monetario, nel rispetto del principio di proporzionalità. Tale principio viene a mancare se non c’è un confronto misurabile tra beni sequestrati e importo del profitto illecito.
La sentenza di Cassazione (V Sezione Penale) n. 40429/22 pubblicata il 26 ottobre precisa che la misura cautelare reale, finalizzata alla confisca diretta del denaro, deve essere fondata sulla corretta determinazione del profitto. In caso contrario, vengono meno le garanzie della Costituzione e dalla Convenzione Europea sui diritti dell’uomo in tema di proprietà privata, trasformando il sequestro preventivo in uno strumento vessatorio.
La confisca per equivalente deve per l’appunto definire il rapporto tra risparmio di spesa collegato alle condotte contestate e beni sottoposti in sequestro. Se invece un’ordinanza di sequestro preventivo non indica l’intero importo del profitto suscettibile di confisca, allora deve essere annullata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di riferimento.